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venerdì 23 marzo 2018

“Metti la nonna in freezer” potrebbe succedere quando le istituzioni pubbliche ledono i diritti dei cittadini?


Titolo: Metti la nonna in freezer
Regia: Giancarlo Fontana, Giuseppe G. Stasi
Soggetto: Fabio Bonifacci, Nicola Giuliano
Sceneggiatura: Fabio Bonifacci
Musica: Francesco Cerasi
Produzione Paese: Italia, 2018
Cast: Fabio De Luigi, Miriam Leone, Barbara Bouchet, Maurizio Lombardi, Marina Rocco, Lucia Ocone, Francesco Di Leva, Eros Pagni, Carlo de Ruggieri, Susy Laude, […]



Il film descrive la storia della bella Claudia (Miriam Leone), una giovane imprenditrice che si occupa di restauro di opere d’arte, coadiuvata nel suo delicato lavoro da Rossana (Lucia Ocone) e Margie (Marina Rocco). Claudia avanza un credito dalla sovrintendenza di centosessantamila euro da un anno, tant’è che, per pagare le due collaboratrici, usa parte della pensione della nonna che ammonta a più di quattromila euro mensili. Per fortuna che c’è la pensione della nonna Brigit (Barbara Bouchet), altrimenti Claudia non saprebbe come fare. Un giorno, mentre sta minacciando di distruggere in un museo con uno spray colorato un quadro d’autore, al cospetto dei giornalisti se non le verranno dati subito i soldi che le spettano di diritto, riceve da Margie la notizia che sua nonna sta per morire. Ovviamente, Claudia interrompe l’azione ricattatoria contro le istituzioni e corre al capezzale della sua amata fonte di sostentamento. Purtroppo la nonna muore e Claudia, per continuare a prendere la pensione, che viene accreditata direttamente nel conto bancario della nonna, dietro suggerimento di Rossana, si convince di congelare la sua ava in un freezer, andando incontro a grossi rischi giudiziari per truffa ai danni dello Stato. La situazione sembra andare per il verso giusto fino a quando, nella vita di Claudia, per puro caso, si intromette un uomo romantico Simone Recchia (Fabio De Luigi), un incorruttibile e stakanovista capitano della guardia di finanze, malvisto dai suoi subalterni perché costretti a lavorare continuamente senza un attimo di respiro.
Avendo usato come input fatti veramente accaduti, Giancarlo Fontana e Giuseppe G. Stasi, due giovani registi con questa loro opera prima “Metti la nonna in freezer”, riescono a guadagnarsi l’apprezzamento del pubblico in quanto fanno ridere per l’intera durata del film con un susseguirsi di colpi di scena e di impreviste azioni esilaranti. Poiché è risaputo che il riso fa bene alla salute, agli appassionati di questo genere di film non resta che andarlo a vedere. Lo spunto, da cui deriva la sceneggiatura, è ottimo e convince anche per l’originalità del sarcasmo pungente e sferzante, accompagnato da musiche scelte che conducono lo spettatore in un persistente godimento ilare, al tempo stesso distrattivo del vivere quotidiano.
Francesco Giuliano


sabato 17 marzo 2018

“Maria Maddalena” un film che finalmente rivaluta una donna bistrattata per più di quattordici secoli dalla Chiesa cattolica


Titolo: Maria Maddalena
Titolo originale: Mary Magdalene
Regia: Garth Davis
Sceneggiatura: Helen Edmundson, Philippa  Goslett
Musiche: Hildur Guõnadóttir, Jóhann Jóhannsson
Produzione Paese: UK, USA, Australia, 2018
Cast: Rooney Mara, Joaquin Phoenix, Chiwetel Ejiofor, Tahar Rahim, Denis Ménochet, Ariane Labed, Zohar Shtrauss, Uri Gavriel, Charles Babalola, Tawfeek Barhom, Michael Moshonov, David Schofield, Hadas Yaron, Ryan Corr, Irit Sheleg,Theo Theodoridis, [...]

Dopo il debutto come regista del film Lion – La strada verso casa presentato al Toronto International Film Festival 2016, Garth Davis dirige questo suo secondo lungometraggio Maria Maddalena dal tratto originale e anticonformista, interpretando i dettami evangelici secondo una visione umana laicale al femminile. Per la prima volta il Nuovo Testamento viene epurato da quel carattere maschilista che lo ha sempre caratterizzato così come il Vecchio Testamento, dando parità alla donna che, invece, è stata descritta sempre come subalterna all’uomo. Descrive questo film, infatti, con straordinario realismo la storia di Maria di Magdala, per questo chiamata Maddalena (Rooney Mara), figura evangelica controversa e molto bistrattata, storicamente per circa quattordici secoli, da quando fu considerata una prostituta in un sermone del papa Gregorio I. Era il 591. Maria Maddalena, in questo film, è decantata così come deve essere, come una donna coraggiosa che sfidò i dettami familiari, gli stereotipi e i pregiudizi sociali per seguire il Rabbi, il mio maestro Gesù (Joaquin Phoenix), di cui si era profondamente innamorata. Maria aveva visto, infatti, il Rabbi per la prima volta quando suo fratello Daniele (Denis Ménochet) e il padre gli avevano chiesto di espellere il demonio da lei (Hai disonorato la nostra famiglia. C'è qualcosa di non umano in te!)  che, avendo un comportamento non consono alla loro volontà e rifiutando di sposare chi non conosceva e non amava, era ritenuta indemoniata: Se c'è un demonio in me, c'è sempre stato, confessa a Gesù, che le risponde: Non ci sono demoni qui, Maria di Magdala.  Amore a prima vista, in sostanza, fu quello di Maria di Magdala per Gesù forse attratta dalla sua bellezza, dal suo eccezionale carisma o dalle sue virtù di grande taumaturgo dato che, tra l’altro, aveva resuscitato Lazzaro (Theo Theodoridis) al cospetto della nutrita folla che lo seguiva lungo la via di Gerusalemme per la Pasqua ebraica e per propagandare il Regno di Dio. Un amore platonico, spirituale, nobile, quello di Maria Maddalena per il Rabbi così come rileva con grande sensibilità materna Maria, la madre di Gesù (Irit Sheleg): Tu ami mio figlio, vero? Devi essere preparata, come me,… a perderlo,  e così come viene descritto dal regista Garth Davis, che non va oltre il desiderio umano come, invece, ha immaginato José Saramago nel suo celebre romanzo “Il vangelo secondo Gesù Cristo”, di cui riporto qualche riferimento: “ ... Maria si fermò accanto al letto, lo guardò con espressione ardente e nel contempo dolce, e disse, Sei bello, ma per essere perfetto, devi aprire gli occhi. Esitante, Gesù li spalancò e immediatamante li chiuse, abbagliato, tornò ad aprirli e in quell’istante seppe ciò che davvero volevano dire quelle parole del re Salomone. ... Impara, impara il mio corpo. Gesù si guardava le mani, che Maria stringeva, e desiderava averle libere perché potessero frugare ogni sua parte, ma lei continuava, ancora una volta, di nuovo e diceva, Impara il mio corpo, impara il mio corpo ... Ma adesso Maria di Magdala glielo aveva insegnato, Impara il mio corpo, e ripeteva, ma in un altro modo, cambiando una parola, Impara il tuo corpo, e lui l’aveva lì, quel suo corpo, teso, duro, eretto, e sopra di lui, nuda e stupenda, maria di Magdala, che lo rassicurava ...”.

Un film dunque che riscatta, a ragione la donna, attraverso la figura di Maria Maddalena tanto umiliata ma che è ritenuta l’apostola degli apostoli, perché rivaluta la donna in un periodo nel quale Le donne hanno paura a farsi battezzare con gli uomini, … esprimendo con determinazione il coraggio che ci vuole - Non resterò in silenzio! Mi ascolteranno -,  e che, secondo il Vangelo secondo Giovanni, fu presente alla crocifissione di Gesù sul Golgota e alla sua morte (Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria di Cleofa e Maria Maddalena), e alla sua scomparsa dal sepolcro (Maria Maddalena andò al sepolcro di buon mattino, quando ancora faceva buio, e vide che la pietra era stata ribaltata dal sepolcro ... andò subito ad annunciare ai discepoli: ho visto il Signore).
Maria Maddalena è un film che scardina profondamente alcuni stereotipi presenti nell’immaginario collettivo perché il regista immagina che gli apostoli Pietro (Chiwetel Ejiofor) e Giacomo (Tawfeek Barhom) siano di pelle nera e che Giuda Iscariota (Tahar Rahim) abbia tradito Gesù non per i trenta denari, come sostenuto nel Vangelo secondo Matteo, ma perché aspira alla rivoluzione immediata al fine di combattere e distruggere quel (o questo) mondo disumano e sostituirlo con il Regno di Dio, che  non si può comprare, nè vendere, e che potrà essere realizzato ad una sola condizione, come sostiene Maria Maddalena: Il mondo cambierà solo se cambiamo noi.
Filmografia
Lion – La strada verso casa (2016).
Francesco Giuliano

giovedì 15 marzo 2018

“Ricomincio da noi” una commedia briosa sulla terza età che fa rima con la seconda età


Titolo: Ricomincio da noi
Titolo originale: Finding Your Feet
Regia:Richard Loncraine
Sceneggiatura: Meg Leonard, Nick Moorcroft
Produzione Stato: GB, 2017
Cast: Imelda Staunton, Timothy Spall, Celia Imrie, David Hayman, John Sessions, Joanna Lumley, Josie Lawrence, Indra Ové, Richard Hope, Sian Thomas, […]



Al trentacinquesimo anno di matrimonio, con tanti invitati che brindano al festeggiamento dell’anniversario coniugale, Sandra (Imelda Staunton) scopre che suo marito Mike (John Sessions), colto in flagranza di adulterio, la tradisce a casa propria spudoratamente con una sua cara amica. E la cosa più grave per Sandra è che viene a conoscenza di quella scellerata tresca che dura ininterrottamente da cinque anni. Chiunque in quelle condizioni ne avrebbe uno scombussolamento psicofisico a tal punto da fare la valigia e andarsene di casa. E andare dove? Chiedere aiuto ad un familiare più prossimo, forse. È questo, infatti, che fa Sandra cercando e trovando accoglimento e conforto presso la sorella Bif (Celia Imrie), che non vedeva e non sentiva da circa dieci anni. Questo incontro affettivo, però, genera lo scontro di due mondi completamente diversi e opposti tra di essi. Il mondo di Sandra, donna piena di sé, chiusa in se stessa e orgogliosa inconsapevolmente della sua vacuità, vissuta in un ambiente sociale caratterizzato da formalismo esasperato e fondato su maldicenze, pregiudizi e stereotipi di una borghesia perbenista e ipocrita, viene subito in conflitto con il mondo di Bif, donna libera, avulsa da convenzioni condizionanti, amante della vita affrontata così come viene, e portata ad aprirsi al mondo con grande naturalezza ed eleganza. Sandra, tuttavia, spontaneamente e gradualmente incomincia a comprendere che il mondo in cui è vissuta, sino a quel momento, era un mondo che ne aveva ingabbiato profondamente la personalità, facendole cogliere soltanto la cresta e non la sostanza delle cose, e “costringendola”, a sua insaputa, più a mettersi in bella vista con effimere onorificenze e a seguire i canoni imposti da una società prettamente insensibile e fredda, piuttosto che a cercare i veri aspetti sentimentali delle relazioni umane e a cogliere l’essenza delle cose. In questo frangente, il comportamento di Sandra nei confronti degli amici di Bif diventa più aperto apprezzandone gli aspetti solidali e comprensivi e facendoli propri. Sandra, in definitiva, modifica la sua personalità e ricomincia una nuova vita, tant’è che instaura un’amicizia profonda con il simpatico e malinconico Charlie (Timothy Spall), che ha alle spalle una situazione familiare non molto felice dato che sua moglie è ricoverata in un centro per malati di Alzheimer.
Il regista Richard Loncraine, dopo il successo del film Riccardo III che gli comportò l’Orso d’Argento al Festival di Berlino (1996), è ritornato con quest’ultimo film Ricomincio da noi ad essere apprezzato per il suo tocco semplice, essenziale ma molto profondo. Egli, infatti, usando una schiera di protagonisti della terza età, riesce a coinvolgere emotivamente lo spettatore perché gli fa cogliere la sottile differenza tra un ceto sociale sofisticato e finto e quello autentico e genuino basato sui valori umani autentici. Il film  è stato presentato al 35° Torino Film Festival 2017.
Filmografia
Radio Wonderful (corto, 1974), Flame (1975), Demonio dalla faccia d’angelo (1977), Il missionario (1982), Le due facce del male (1982), Rapina al computer (1987), Riccardo III (1995), Guerra imminente (2002), La mia casa in Umbria (2003), Wimbledon (2004), Firewall – Accesso negato (2006), My One And Only (2009), I due presidenti (2010), Ruth & Alex – L’amore cerca casa (2014).
Francesco Giuliano

venerdì 9 marzo 2018

“Lo chiamavano Jeeg Robot” segna il ritorno del mito che genera eroi romantici

Titolo: Lo chiamavano Jeeg Robot
Regia: Gabriele Mainetti
Sceneggiatura:  Nicola Guaglianone, Menotti
Musica: Gabriele Mainetti
Produzione Paese: Italia 2015
Cast: Claudio Santamaria, Luca Marinelli, Ilenia Pastorelli, Stefano Ambrogi, Maurizio Tesei, Francesco Formichetti, Daniele Trombetti, Antonia Truppo, Salvo Esposito, Gianluca Di Gennaro, […]



Il film prende spunto dalla serie televisiva giapponese “Jeeg robot d’acciao”, trasmessa dalla tv italiana a partire dal 1979, il cui personaggio principale Enzo Ceccotti (Claudio Santamaria), è un delinquente del quartiere Tor Bella Monica di Roma, che, in seguito ad una fuga rocambolesca dalla polizia che lo insegue per arrestarlo, si nasconde nelle acque del Tevere sotto una piattaforma, venendo in contatto casualmente con una sostanza di natura incognita. Qualche giorno dopo, cadendo dal nono piano di un edificio, scopre di avere acquisito da quella sostanza dei poteri sovraumani. Enzo Ceccotti è un ragazzo di borgata, taciturno e introverso, egoista, senza amici, che incomincia a svaligiare, senza l’uso delle armi, bancomat e furgoni portavalori sfruttando questa sua forza eccezionale. Casualmente, questo suo modo di essere e di fare cambia gradualmente, dopo aver conosciuto Alessia (Ilenia Pastorelli), una ragazza che ha ricevuto un’educazione di stampo televisivo perché nata e cresciuta sotto l’egida dei cartoni animati giapponesi. Ella identifica Enzo per i suoi poteri sovrannaturali con Hiroshi Shiba, l’eroe del cartone animato “Jeeg Robot d’acciao”, venuto per salvare il mondo dal Male. Enzo, infatti, si innamora di Alessia e, grazie a lei, subisce una profonda trasformazione interiore e intraprende, come un novello Ercole, la strada della “virtù” e abbandona quella del “vizio”, diventando “una persona che esegue azioni fuori dal comune, non ordinarie e che dà prova di straordinario coraggio, specialmente in ambiti bellici. Sceglie il bene al posto del male, sacrifica se stesso per gli altri e ha sempre, o quasi, tutto da perdere e nulla da guadagnare”, cioè divenendo un eroe. Enzo, un ragazzo banale, grezzo, senza ideali, un criminale sconosciuto che guardando le storie di un cartone animato, egli stesso diventa personaggio straordinario, nato dalle acque come Afrodite. Enzo diventa  così un eroe romantico che lotta strenuamente contro il Male assoluto, personificato dal turpe e violento Zingaro (Luca Marinelli), per difendere i valori dell’umanità e per salvare questa dalla rovina. In ciò, il film è una metafora del Paese italico in cui la mediocrità, l’inefficienza e la violenza prevalgono sull’eccellenza e sul merito, ma è anche un’accusa alla televisione che con certi programmi entra nella testa delle persone e li ingabbia per tutta la vita riducendoli ad individui inermi o violenti, che non si pongono neppure il problema sul senso della vita.
Il film segna un ritorno alla mitologia greca, dove l’eroe lotta per la sconfitta del male assoluto e la difesa dei valori umani, e soffre nel vedere morire la propria amata come Apollo che vede scomparire Dafne, oppure come Orfeo che assiste inerme alla morte della sua Euridice.
Dopo due cortometraggi di successo, Gabriele Mainetti esordisce nel lungometraggio con questo suo originale e fantastico film “Lo chiamavano Jeeg Robot”, presentato alla Festa del Cinema di Roma 2015, che non ha niente da invidiare a film dello stesso genere statunitensi di alto rango, come Superman o Spiderman, e che dimostra ciò che manca al cinema italiano: la fantasia e la creatività. Tra gli attori emergono Claudio Santamaria, Luca Marinelli e Ilenia Pastorelli, tutti e tre apprezzati per la diversità delle rispettive magnifiche interpretazioni.

Filmografia
Cortometraggi: Basette (2008), Tiger Boy (2012).
Francesco Giuliano

“Lady Bird”, una disamina eccellente dei problemi adolescenziali del nostro tempo


Titolo: Lady Bird
Regia: Greta Gerwig
Sceneggiatura: Greta Gerwig
Musica: Jon Brion
Produzione Paese: USA, 2017
Cast: Saoirse Ronan, Laurie Metcalf, Tracy Letts, Lucas Hedges, Timothée Chalamet, Beanie Feldstein, Odeya Rush, Jordan Rodrigues, Marielle Scott, Lois Smith, Stephen McKinley Henederson, Laura marano, John Karna, Jake McDorman, Kathryn Newton, Andy Buckley, […]



“Lady Bird” è il nome che l’adolescente Christine McPherson (Saoirse Ronan) ha scelto di darsi, in quanto, avendo un comportamento insofferente e non rispettoso delle regole caratteristico di quell’età, non condivide che siano stati i genitori ad averle dato il nome Christine, nome che non le piace. La giovane, alle soglie dei diciotto anni, frequenta l’ultimo anno di un liceo privato cattolico e vive a Sacramento, la città californiana che la scrittrice Joan Didion, nei suoi romanzi, descrive così: se pensate che la California sia sinonimo di edonismo non siete mai stati a Sacramento; descrizione che costituisce l’incipit del film.
Christine odia quella città che definisce una città senza anima, dove si svolge una vita banale e insignificante e, per questo, aspira, alla fine del liceo, di potere frequentare l’università di una città della East Coast statunitense, preferibilmente New York. Una scuola tipo Yale, ma ... non Yale, dubito che potrei entrarci! risponde  Christine all’addetta all’orientamento del liceo. Vorrebbe anche leggere il romanzo Furore di John Steinbeck, premio Nobel per la letteratura, perché è attratta da quei luoghi in cui gli scrittori si appartano nei boschi creando un misto di realismo e di immaginazione che induce il lettore a sognare. Se vuoi leggerlo, possiamo andare in biblioteca! Le dice la madre. Io voglio leggerlo a letto! Risponde Christine. Quello lo fanno i ricchi, noi non siamo ricchi! Ribadisce la madre.
Christine, infatti, vive un difficile rapporto intriso di amore e odio – non potrebbe essere altrimenti a quell’età -, con la madre Marion (Laurie Metcalf) che si mostra nel contempo affettuosa, ma anche un po' inquietante, e che vorrebbe per la figlia la migliore prospettiva di vita, anche se è costretta, ogni giorno, a fare i conti con le ristrettezze economiche familiari dato che il marito Larry (Tracy Letts) è stato licenziato. Questo rapporto conflittuale con la madre, purtroppo le rende la vita in famiglia come in una gabbia da cui, come un uccello, bird appunto, vorrebbe scappare e volare via se non fosse per il padre Larry con il quale ha un’ottima relazione affettiva.
Il film “con il più alto numero di recensioni completamente positive” nel sito web Rotten Tomatoes, è opera prima dell’attrice e sceneggiatrice Greta Gerwig, (che nel 2008 ha co-diretto con il regista Joe Swanberg il film Nights and Weeends), la quale descrive, con grande accuratezza e scioltezzail modo di pensare anarchico e ribelle e quello di agire di un’adolescente, Christine – interpretata realisticamente dalla brava Saoirse Ronan -, attraverso le bugie, i continui litigi intervallati dai dialoghi armoniosi con la madre, la perdita della verginità attraverso i primi amori, dapprima con il timido Danny (Lucas Hedges) e poi con il sofisticato Kyle (Timothée Chalamet), e le connesse delusioni, le azioni illecite pur di raggiungere il suo scopo, le amicizie, le attività scolastiche ricreative come il ballo e il teatro, l’incapacità di valutare le conseguenze delle sue azioni. E poi, all’arrivo della maturità con il raggiungimento del suo obiettivo, il rimpianto di non avere agito diversamente e il relativo senso di colpa nei confronti della sua famiglia.


“Lady Bird”, pur avendo avuto cinque candidature al Premio Oscar 2018, non ha ottenuto nessun premio, ma ha vinto due Golden Globes e 3 candidature al Premio BAFTA 2018.
Francesco Giuliano

giovedì 8 marzo 2018

“Puoi baciare lo sposo” una commedia che diverte e smonta i pregiudizi moralistici sulle coppie gay


Titolo: Puoi baciare lo sposo
Regia: Alessandro Genovesi
Soggetto: Giovanni Bognetti, Alessandro Genovesi
Sceneggiatura: Giovanni Bognetti, Alessandro Genovesi
Produzione Paese: Italia,2018
Cast: Diego Abatantuono, Monica Guerritore, Cristiano Caccamo, Salvatore Esposito, Dino Abbrescia, Diana Del Bufalo, Beatrice Amera, Antonio Catania, Rosaria D’Urso, Vito Facciolla,  Enzo Miccio, […]



“Puoi baciare lo sposo” è una commedia divertente, briosa, coinvolgente, che, facendo sorridere, descrive le traversie vissute da Antonio (Cristiano Caccamo) che deve contrarre matrimonio con Paolo (Salvatore Esposito). Ambedue, ma soprattutto Antonio deve superare l’ostacolo del padre Roberto (Diego Abatantuono), sindaco del paese, che pur essendo aperto all’integrazione sociale (Il mondo va verso l'integrazione, tutto il mondo!), mostra una ferma ritrosia a tale unione, tant’è che si rifiuta di celebrarlo in Comune. A tale ritrosia paterna, tuttavia, si oppone, con altrettanta decisa riluttanza, la moglie Anna (Monica Guerritore), madre di Antonio, che accoglie con esultanza la decisione anche se sotto condizione. Da ciò deriva tra i due genitori di Antonio un conflitto irrisolvibile, perché il padre, fermo nella sua intransigenza, non riesce a superare gli stereotipi e i pregiudizi radicati nella sua mente (il musical … è la versione gay del teatro), difficili da eliminare, e perché l’altra, avulsa da ogni vincolo pregiudiziale, si lascia trasportare liberamente e senza alcun dubbio dall’amore materno verso il figlio. Sostenuta e confortata in questa sua decisione sentimentale anche dal prete (Antonio Catania) sotto l’egida dell’attuale papa Francesco. Un conflitto che mette a confronto il preconcetto con l’amore, la ragione con il sentimento, l’imbarazzo paterno con l’agape materno, la personalizzazione di un fatto e il suo accoglimento a livello sociale, il moralismo con la morale, l’idealismo con il pragmatismo, l’amore la legge con la sua attuazione.
“Puoi baciare lo sposo”  è un film diretto da Alessandro Genovesi in maniera molto agile e scorrevole con un’impronta vivace, dopo l’approvazione della legge, sul matrimonio di coppie gay che richiederà del tempo prima che si smontino i pregiudizi sociali. Bravissimi come sempre Diego Abatantuono e Monica Guerritore.
Filmografia
La peggior settimana della mia vita (2011), Il peggior Natale della mia vita (2012), Soap opera (2014), Ma che bella sorpresa (2015).
Francesco Giuliano


venerdì 2 marzo 2018

“Quello che non so di lei” disamina un interessante rapporto a ping pong tra due belle donne


Titolo: Quello che non so di lei
Titolo originale: D’après une histoire vraie
Regia: Roman Polanski
Soggetto: Delphine de Vigan (dal romanzo D’après une histoire vraie)
Sceneggiatura: Olivier Assayas, Roman Polanski
Musiche: Alexandre Desplat
Produzione Paese: Francia, Belgio, Polonia, 2017
Cast: Emmanuelle Seigner, Eva Green, Vincent Pérez, Dominique Pinon, Camille Chamoux, Brigitte Lvovsky, […]



“Quello che non so di lei”, un thriller drammatico che attrae lo spettatore e lo tiene con il fiato sospeso per tutta la sua durata, descrive le disavventure della scrittrice di successo Delphine de Vigan (Emmanuelle Seigner) che, sprofondata in uno stato depressivo, diventa insicura e debole psichicamente e non riesce più a scrivere. Durante la presentazione del suo ultimo romanzo Delphine conosce una lettrice molto affascinante e perspicace, Elle (Eva Green), con la quale instaura subito un rapporto empatico intenso. Delphine, infatti, un po’ di tempo dopo confida al suo compagno Francois (Vincent Perez) di avere incontrato una donna molto interessante e simpatica con cui ha parlato tutta la sera e che si è dichiarata essere una sua grande ammiratrice. È rimasta colpita dalla sua franchezza in quanto le ha detto che il successo e l’improvvisa ribalta l’hanno posta in una situazione a rischio di esaurimento. Un’adulazione che Francois coglie con sospetto e con inquietudine perché gli sembra che quella donna abbia destabilizzato l’animo di Delphine, e che addirittura l’abbia plagiata. Un’adulazione mirata che fa ricordare allo spettatore colto la favola “La volpe e il corvo” di Esopo: “Un corvo con un pezzo di formaggio stava appollaiato  su un ramo di un albero. Una volpe affamata lo vide e, volendo per sé il formaggio, si mise a lodare il corvo per la sua bellezza e disse: Peccato che tu sia muto! Allora il corvo, per far sentire che aveva una bella voce, aprì il becco. Il pezzo di formaggio gli cadde e la volpe subito l'afferrò.”
Con un abile artificio, Elle giunge anche a farsi ospitare da Delphine nella sua casa, dove manifesta esplicitamente un carattere molto opprimente, dominante in tutto e per tutto, e diventa insopportabile. Ad un certo punto, Delphine comprende il gioco maldestro di Elle e, all’improvviso, tutto le appare chiaro, tant’è che lei riesce a prendere il sopravvento e conduce il gioco relazionale. Si instaura tra le due, infatti, una partita a ping pong che Roman Polansky, con il suo consueto stile e il suo linguaggio filmico inquietante e sinistro, sa esprimere con grande maestria, aiutato anche da una bella colonna sonora ben adatta alla vicenda raccontata.
Il film è stato presentato in anteprima, fuori concorso, al Festival del Cinema di Cannes 2017.
Filmografia
Il coltello nell’acqua (1962), Repulsione (1965), Cul-de-sac (1966), Per favore, non mordermi sul collo (1967), Rosemary’s Baby (1968), Macbeth (1971), Che? (1972), Chinatown (1974), L’inquilino del terzo piano (1976), Tess (1979), pirati (1986), Frantic (1988), Luna di fiele (1992), La morte e la fanciulla (1994), La nona porta (1999), Il pianista (2002), Oliver Twist (2005), L’uomo nell’ombra (2010), Carnage (2011), Vener in pelliccia (2013).
Francesco Giuliano



giovedì 1 marzo 2018

“Il filo nascosto”, che lega impercettibilmente gli animi umani nella loro intima essenza, è tutto da scoprire


Titolo: Il filo nascosto

Titolo originale: Phantom Thread
Regia e sceneggiatura: Paul Thomas Anderson
Musiche: Jonny Greenwood
Produzione Paese: USA, 2017
Cast: Daniel Day-Lewis, Vicky Krieps, Lesley Manville, Brian Gleeson, Harriet Sansom Harris, Camilla Rutherford, Gina Mckee, Sue Clark, Joan Brown, Luiza Richter, Julia Davis, Nicholas Mander, Philip Franks, Phyllis MacMahon, Silas Carson, Richard Graham, Martin Dew, Jane Perry, […]

“Il filo nascosto” è un film ben costruito, emozionante e coinvolgente che trova la sua originale e peculiare ambientazione nella Londra degli anni cinquanta del XX secolo, in cui si svolgono le vicissitudini professionali e anche sentimentali del famoso del creatore di moda femminile britannico Reynolds Woodcock (Daniel Day-Lewis). “Il filo nascosto” descrive l’incontro di due mondi diversi e contrastanti, di primo acchito incompatibili, il mondo dell’accurato e metodico Reynolds e dell’inflessibile sorella Cyril (Lesley Manville) con quello della schietta e genuina Alma (Vicky Krieps). L’uno è regolato, chiuso, intransigente, insensibile, rigoroso mentre l’altro è indulgente, aperto, comprensivo, generoso, flessibile. L’uno appare irrigidito e ingabbiato in stereotipi e pregiudizi che non lasciano spazio alla scoperta della propria essenza umana, mentre l’altro si manifesta aperto alla vita e a tutte le sue sfaccettature sentimentali, tendenti alla salvaguardia della propria identità e alla scoperta di quei valori che rendono sacra la personalità di un essere umano. Eppure esiste un “filo nascosto” che lega impercettibilmente gli animi umani nella loro intima essenza. Basta scoprirlo, ma per rivelarlo se ne deve avere la capacità che è basata su un amore profondo e quasi trascendente. “Il filo nascosto”, in sintesi, è la metafora dell’esistenza umana che trae la sua linfa dall’educazione ricevuta nei primi anni di vita e dall’ambiente sociale e familiare in cui si è vissuti. Esso affronta, dunque, un tema attualissimo che, in un certo senso, ha il carattere dell'universalità, in quanto tratta una storia molto semplice nella sua complessità sentimentale e relazionale, ma dai connotati significativi e allusivi che, a tutto tondo, riguardano ogni essere umano. Si evince da questa storia che sin dalla nascita ci possiamo trovare come chiusi in una gabbia, le cui sbarre diventano tanto più spesse quanto più incisivi sono stati i condizionamenti ricevuti durante l’infanzia, e da cui, nella vita adulta, diventa difficile uscire. Anzi, a volte, impossibile! Così come, del resto, avviene a Reynolds chiuso irreprensibilmente attraverso le sue regole rigide nelle sue fisime e nella sua inflessibile sfera mentale. Reynolds come ogni altro essere umano appare, in definitiva, come conseguenza di ciò che gli è stato insegnato ad essere nei primi anni di vita (secondo recenti studi, nei primi tre anni di vita): l'educazione ricevuta dalla famiglia, dall’ambiente sociale e dalla scuola bolla irreversibilmente la vita di ognuno, e traccia come un faro acceso quel percorso vitale che in genere viene chiamato destino, ma che destino non è. Paradossalmente ognuno diventa artefice e vittima della propria sorte, ovvero come  sosteneva lo storico latino Sallustio faber est suae quisque fortunae. Ne rappresenta, infatti, una metafora ciò che Reynolds confessa ad Alma nei primi momenti della conoscenza reciproca: si può cucire quasi ogni cosa nella stoffa di un soprabito. Da bambino ho cominciato a nascondere cose nelle fodere dei vestiti, solo io ne conoscevo l'esistenza ...
C’è, tuttavia, qualcosa in ogni essere umano di incontrollabile e di irrefrenabile quando gli stereotipi vengono sopraffatti dalla sfera sentimentale che prevale su ogni razionale comportamento acquisito, e Reynolds lo dimostra nel momento in cui esprime ad Alma il suo profondo sentimento genuino: Mi sembra di averti cercata per moltissimo tempo. Tu sei molto bella ... bellissima. Ci sono alcune cose che voglio fare, cose che non posso fare senza di te. Premessa questa per un cambiamento del proprio essere?
Il film, che traccia l'ultima interpretazione di Daniel Day-Lewis con l’annuncio del suo ritiro dalla vita di attore, è curato nei minimi particolari dal pluripremiato regista  Paul Thomas Anderson attraverso ogni gesto, ogni sguardo, ogni espressione, ogni comportamento, ogni linguaggio non verbale di ciascun protagonista (ottime le interpretazioni di Vicky Krieps e Lesley Manville) e attraverso ogni scena e costume con un coinvolgimento incisivo e continuo dello spettatore, aiutato in questo anche da una bellissima colonna sonora.
“Il filo nascosto”, che costituisce un fondamento cinematografico da manuale, è candidato, tra l’altro,  a sei premi Oscar 2018 e a due premi Golden Globe 2018.
Filmografia
Sydney (1996), Boogie Nights – L’altra Hollywood (1997), Magnolia (1999), Ubriaco d’amore (2002), Il petroliere (2007), The Master (2012), Vizio di forma (2014).
Francesco Giuliano