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domenica 23 ottobre 2016

“Io, Daniel Blake” osanna un eroe povero che lotta per la sopravvivenza

Titolo: Io, Daniel Blake
Titolo originale: I, Daniel Blake
Regia: Ken Loach
Sceneggiatura: Paul Laverty
Musica: Gerge Fenton
Produzione Stato: Gran Bretagna, Francia 2016

Cast: Dave Johns, Hayley Squires, Dyln McKiernan, BRiana Shann, Kate Runner, Sharon Percy, Kerna Sikazwe, Natalie Ann Jarnieson, Micky McGregor, Colin Coombs, Bryn Jones, Mick Laffey, John Sumner, […].
Daniele Blake (Dave Johns) è un falegname vedovo, alle soglie dei sessant’anni, che, a causa di un attacco cardiaco, è costretto a chiedere l’indennità di malattia in attesa di ristabilirsi, dopo una cura adeguata ed un’opportuna riabilitazione prescritte dal suo cardiologo, per potere riprendere il lavoro perduto. Ciò lo costringe ad entrare nelle maglie labirintiche dell’apparato burocratico britannico (come ha già fatto con “Ladybird Ladybird” del 1994), il quale mette in luce le illogicità ciniche e crudeli e le assurdità procedurali e violente di un sistema amministrativo, creato deliberatamente al fine di calpestare gravemente la sua dignità umana di uomo esemplare e solidale: Il mio nome è Daniel Blake, sono un uomo, non un cane. E in quanto tale esigo i miei diritti. Esigo che mi trattiate con rispetto. Io, Daniel Blake, sono un cittadino, niente di più e niente di meno. Ma non solo la sua!
Durante tutte le traversie a cui va incontro presso il centro preposto per le pratiche di richiesta di sussidio, infatti,  Daniel incontra Katie (Hayley Squires), una giovane donna single, madre di due figli, che, per un ritardo non dipendente dalla sua volontà, perde il sussidio mensile. Tra Katie e Daniel si instaura subito un legame empatico forte e profondo, come tra una figlia ed un padre, che li porta vicendevolmente ad aiutarsi con dolcezza e profonda umanità.
Daniel Blake è un personaggio determinato, con una grande voglia di vivere, dotato di una grande forza d’animo, povero di beni materiali ma colmo di una grande ricchezza interiore, che non teme ostacoli e che lo porta a lottare per la sopravvivenza propria e quella degli altri come fosse un eroe del mito greco. Si coglie , infatti, nel comportamento di Daniel il senso kafkiano “dell’'uomo che non può vivere senza una fiducia permanente in qualcosa di indistruttibile dentro di sé, anche se entrambi hanno qualcosa di indistruttibile e la sua fiducia in esso può rimanere permanentemente nascosta da lui”.
“Io, Daniele Blake” è un film, come del resto lo sono tutti i film di Loach, che sta dalla parte dei poveri, degli emarginati, degli sfruttati contro una società capitalistica, cinica, egoista e violenta che fa dell’apparato burocratico un mezzo idoneo per calpestare la dignità umana di chi, come cittadino, ha sete di giustizia e bramosia di rispetto. Con questo film l’ottantenne Loach, poco amato nella sua patria, entra nella vita di Daniel e Katie e, assieme a loro, vive la loro impotenza ma anche la loro grande umanità di esseri umani, mettendo in luce nel contempo l’arroganza dei preposti di un potere politico che non rispetta i suoi stessi elettori. E lo fa con quella pregevole satira pungente che si coglie anche in “La fattoria degli animali” (1945) di George Orwell, in cui “Tutti gli animali sono uguali, ma alcuni sono più uguali degli altri”. E lo fa con un linguaggio semplice, realistico, quasi documentaristico, chiaro, netto che colpisce, in senso rivoluzionario, l’animo dello spettatore che viene colto da commozione e coinvolto come in un vortice da cui non vuole uscire, perché anche lui si sente “cittadino” come Daniell, calpestato nei suoi diritti di uomo e di lavoratore.
“Io, Daniele Blake” è un  film per tutti ma consigliato soprattutto per i giovani senza lavoro e per i lavoratori disoccupati.
Il film per la sua forza prorompente ha vinto la Palma d’oro al Festival del Cinema di Cannes 2016.

Filmografia
Poor Cow (1967), Kes (1969), Family Life (1971), Black Jack (1979), The Gamekeeper (1980), Uno sguardo, un sorriso (1981), Fatherland (1986), L’agenda nascosta (1990), Riff Raff – Meglio perderli che trovarli (1991), Piovono pietre (1993), Ladybird Ladybird (1994), Terra e libertà (1995), La canzone di Carla (1996), My name is Joe (1997), Bread and Roses (2000), Paul, Mick e gli altri (2001), Sweet Sixteen (2002), 11 settembre (2001), Tickets (2004), Il vento accarezza l’erba (2006), In questo mondo libero (2007), Il mio amico Eric (2009), L’altra verità (2011), La parte degli angeli (2012), Jimmy Hall – Una storia d’amore e libertà (2014).
Francesco Giuliano

venerdì 21 ottobre 2016

“Pasolini” o sulla negazione della scelta individuale

Titolo: Pasolini
Regia e sceneggiatura: Abel Ferrara
Produzione: Italia, Belgio 2014

Cast: Willem Dafoe, Ninetto Davoli, Riccardo Scamarcio, Valerio Mastandrea, Adriana Asti, Maria de Medeiros,  Roberto Zibetti, Andrea Bosca, Giada Colagrande, Francesco Siciliano, Luca Lionello, Salvatore Ruocco, […]
Il film  “Pasolini” di Abel Ferrara, il regista che è cresciuto “guardando le sue opere”, tratta le vicende vissute da Pier Paolo Pasolini nei giorni precedenti la sua terribile morte avvenuta il 2 novembre 1975, che mettono in risalto il suo pensiero sulla società stereotipata, sullo “scandalo della contraddizione” e sulla distinzione tra morale e moralisti. Quei “Ragazzi di vita”, giovani emarginati che vivono sulla soglia del crimine (descritti perfettamente nel suo romanzo omonimo del 1955), che mostrano una genuina vitalità ancestrale che contrasta i valori borghesi, e con i quali egli giocava anche a pallone o con alcuni di essi ne condivideva occasionalmente i pasti presso una trattoria che frequentava spesso, segnano la sua malasorte a causa della omosessualità che lo caratterizzava, nota a tutti. Uno scandalo legato a questa sua tendenza lo coinvolse, nel 1949, mentre insegnava a Casarsa, nel Friuli. Ciò lo costrinse ad abbandonare l’insegnamento e a trasferirsi a Roma, dove rimase assieme alla madre  Susanna sino alla morte.
Il filosofo e giurista catanese Pietro Barcellona, nel suo saggio “La Parola Perduta. Tra polis greca e cyberspazio” (ed. Dedalo, 2007), in cui pone l’accento su “lo scandalo della contraddizione”, che esprime ciò che il regista ha poi trasposto indipendentemente nel film, dice “ … Pasolini eretico, impegnato politicamente a denunciare i crimini del Palazzo …”, evidenzia “la degenerazione antropologica del <<popolo>> italiano in <<massa>> di teledipendenti, ottusi consumatori di immagini e merci … Pasolini è un tragico greco, sostanzialmente impolitico perché ossessionato, fino alla terribile morte, dall’urgenza delle passioni ancestrali, dai tumulti del cuore nell’ambito delle dinamiche esistenziali … è critico della modernità dell’omologazione, del fascismo come abbrutimento e passivazione della <<massa>>, come culto della violenza senza scopo, come conformismo gregario da caserma; critico del presente in nome di un passato eroico di <<peccatori innocenti>> come i contadini e i nuovi proletari delle borgate … ha accusato la borghesia di ridurre la vita a finzioni e ipocrisie …” e rileva “…. La lacerazione di essere ‘con se stessi e contro se stessi’: una contraddizione irrisolvibile, la ricerca di una comunicazione non linguistica, pre-linguistica, là dove il dionisiaco insidia la certezza luminosa di Apollo … La contraddizione tragica è ciò che rende Pasolini attualissimo, se si intende la contraddizione non come una contraddizione dialettica ma come una permanente e irresolubile coesistenza degli opposti … senza contraddizione/conflitto” non c’è “vita”. A tal proposito, il regista, tramite Epifanio (Ninetto Davoli) che nell’inseguire una cometa si accorge che gli viene negato il paradiso, rafforza il pensiero di Pasolini “Io penso che scandalizzare sia un diritto, essere scandalizzati un piacere e chi rifiuta il piacere di essere scandalizzato è un moralista, il cosiddetto moralista”.  Il moralismo per Pasolini è, in definitiva, uno strumento del potere che nega la libera scelta all’individuo e il moralista “che dice di no agli altri” è il guardiano della tradizione senza vitalità perché si oppone al pensiero “diverso”, al pensiero fuori dal gregge. Si contrappone al moralista l’uomo morale che dice di no “solo a se stesso”. A ciò si aggiunge “Il potere … un sistema di educazione … uno stesso sistema educativo che ci forma tutti, dalle cosiddette classi dirigenti, giù fino ai poveri. Ecco perché tutti vogliono le stesse cose e si comportano allo stesso modo”. Questo film, che è difficile raccontare, non è per tutti per la particolare e aggrovigliata sceneggiatura sia per i continui flashback e che per le frequenti corrispondenze. È stata azzeccata la scelta dell’attore Willem Dafoe, molto somigliante a Pasolini, che ha “cercato di abitare le sue passioni e i suoi pensieri in un rapporto molto personale e privato”. Molto bravi tutti gli altri attori, da Ninetto Davoli nel ruolo di Epifanio a Riccardo Scamarcio (Ninetto Davoli), da Adriana Asti (Susanna, la madre di Pasolini) a Valerio Mastandrea (Nico Naldini), da Maria De Medeiros (Laura Betti) a Francesco Siciliano (Furio Colombo).
Il film è stato presentato in concorso alla 71^ Mostra del Cinema di Venezia 2014.
Francesco Giuliano

giovedì 20 ottobre 2016

“Neruda”, la poesia tradotta in immagini piene d’umanità ancestrale

Titolo: Neruda
Regia: Pablo Larrain
Sceneggiatura: Guillermo Calderòn
Produzione Stato: Argentina, Cile, Spagna, Francia 2016

Cast: Luis Gnecco, Gael Garcìa Bernal, Mercedes Moràn, Diego Muňoz, Pablo Derqui, Michael Silva, Jaime Vadell, Alfredo Castro, Marcelo Alonso, Francisco Reyes, Alejandro Goic, Antonia Zegers, […]


Posso scrivere i versi più tristi questa notte./ Scrivere, ad esempio: La notte è stellata,/ e tremolano, azzurri, gli astri in lontananza./ Il vento della notte gira nel cielo e canta. / Posso scrivere i versi più tristi questa notte./ Io l'amai, e a volte anche lei mi amò./ Nelle notti come questa la tenni tra le mie braccia./ La baciai tante volte sotto il cielo infinito./ …”. Quanta umanità e quanta profondità sentimentale si evince da questi versi semplici recitati, nel film, da Pablo Neruda (Luis Gnecco),pseudonimo di Ricardo Eliécer Neftalí Reyes Basoalto, il poeta politico più noto al mondo che ha cercato di aiutare i poveri, i diseredati, i disgraziati della sua Terra, il Cile che, dopo la sua morte, ha vissuto una dittatura orrenda e sanguinosa in seguito al golpe capeggiato da Pinochet (1973). Questi, grazie all’esercito, abbatté lo stato democratico presieduto da Salvador Allende, la cui elezione (1970) era stata appoggiata da Pablo Neruda.
Il regista Pablo Larrain, con la direzione di questo bel film, a cui conferisce connotati particolari e suggestivi e anche grotteschi, dimostra ancora una volta il suo generoso e straordinario estro creativo costruendo una storia reale coronata da eccelsa poesia, che è la manifestazione artistica che conferisce agli animi sensibili un grande impulso rivoluzionario. “Neruda” è la poesia tradotta in immagini piene d’umanità ancestrale, perché la poesia è sentimento che si trasforma in una spinta dinamica, ricca di alterità conferente senso alla vita, che caratterizzò del poeta Neruda, attraverso i rapporti amorosi e benevoli, non solo quelli sessuali ma anche quelli rivolti ai bisognosi, tutta la sua esistenza.
Il film tratta, a partire dal 1948, le vicissitudini sofferte da Neruda quando, da senatore della repubblica cilena democraticamente eletto, rivolge delle gravi accuse di tradimento del popolo al Presidente Videla (Alfredo Castro) eletto con i voti del partito comunista. Ovviamente, Videla, ormai indossate le vesti di dittatore, sguinzaglia il prefetto Oscar Peluchonneau (Gael Garcìa Bernal), un arrivista immaginario bramoso di gloria, alla ricerca di Neruda. Da questo momento inizia un dialogo a distanza tra un arrampicatore sociale ed un sognatore con un inseguimento avventuroso, quasi inverosimile, a volte anche incredibile, simile al gatto che rincorre il topo, che a tratti risulta divertente e a tratti anche drammatico. Ad un certo punto, infatti, avviene uno scambio dei ruoli perché ci si confonde tra chi sia il fuggitivo e chi sia l’investigatore. In questo procedere, Neruda scrive la sua decima raccolta di poesie “Canto general” (Appena squillò la tromba,/ tutto era pronto sulla terra,/ e Geova divise il mondo/ tra Coca-Cola Inc., Anaconda,/ Ford Motors, e altre società …).
Il film è stato presentato al Festival del Cinema di Cannes 2016 nella Quinzane des Réalisateurs.
Filmografia
Fuga (2005), Tony Manero ( 2007), Post Mortem (2010), No - I giorni dell’arcobaleno (2012), Il Club (2016), Jackie (2016).
Francesco Giuliano

martedì 18 ottobre 2016

“Go with me” descrive con intensa suspense la cattiveria senza limiti

Titolo: Go with me
Titolo originale: Blackway
Regia: Daniel Afredson
Soggetto: Castyle Freeeman Jr.
Sceneggiatura: Joe Gangemi, Gregory Jacobs
Produzione Stato: USA, Canada, Svezia 2015

Cast: Anthony Hopkins, Julia Stiles, Ray Liotta, Alexander Ludwig, Lochlyn Munro, Hal Holbrook, Steve Bacic, Aleks Paunovic, Chris Gauthier, Aaron Pearl, Audrey Smallman, Glenn Beck, […]

 
La giovane Lilian (Julia Stiles), ritornata a vivere nella città dove è nata dopo la morte della madre, viene ben presto perseguitata  da Blackway (Ray Liotta), un uomo duro e pericoloso che da poliziotto è diventato un acerrimo criminale tanto temuto, che spadroneggia liberamente nel territorio.  Lilian, allora, si reca presso lo sceriffo per denunciare i soprusi ricevuti da quel losco individuo, tra cui l’uccisione del suo gatto, ma l’unico consiglio che riceve dal garante della legge, per paura di ritorsione, è quello di vendersi la casa e lasciare la città. Lilian, ovviamente, essendo una donna caparbia non si dà per vinta e, grazie all’aiuto dell’ex taglialegna Loster (Anthony Hopkins) e del giovane Nate (Alexander Ludwig),va alla ricerca dell’ex poliziotto per farlo desistere dalle sue azioni prepotenti e per lasciarla in pace.

Un film intenso, sconvolgente e coinvolgente che fa cogliere sensibilmente il peso gravoso e insopportabile della cattiveria, che ha il sopravvento e diventa ancora più greve quando chi la subisce non ha chi lo aiuta o lo protegge. Come in questo caso la legge! Esso, in certo qual modo, ricalca anche la legge biblica del taglione, quella “dell’occhio per occhio, dente per dente”, secondo cui chi subisce intenzionalmente un danno da un’altra persona ha il diritto di infliggere a quest’ultima un ugual danno. E questo, contrariamente a quanto viene sostenuto nel Vangelo secondo Matteo, in base al quale “bisogna amare i propri nemici e pregare per quelli che ci perseguitano”. Come sosteneva Alda Merini, infatti, “la cattiveria è un grande reato, che va punito. … Il male fatto rimane e non va dimenticato”.
La storia, tratta dal romanzo ‘Vieni con me’ (2008) di Castyle Freeeman Jr., si svolge in un ambiente sperduto tra montagne e foreste, lontano dal mondo civile, grigio, uggioso, tenebroso come quello di un bosco, che riflette un po’ l’animo malinconico, pauroso e rassegnato della gente che vive in quel luogo freddo e acromatico. Freddo perché, come dice Alessandro Baricco, “la cattiveria è una luce fredda in cui ogni cosa perde colore, e lo perde per sempre”.
Il film è stato presentato fuori concorso alla 72^ Mostra del Cinema di Venezia – 2015.
Filmografia
The Man on the Balcony (1993), La ragazza che giocava col fuoco (2009), La regina dei castelli di carta (2009), IL caso Freddy Heineken.
Francesco Giuliano

mercoledì 5 ottobre 2016

“Indivisibili”, un film dove la bellezza fa rima con la bruttezza

Titolo: Indivisibili
Regia: Edoardo De Angelis
Soggetto: Nicola Guaglianone
Sceneggiatura: Edoardo De Angelis, Nicola Guaglianone, Barbara Petronio
Musica: Enzo Avitabile
Produzione Stato: Italia 2016

Cast: Marianna e Angela Fontana, Massimiliano Rossi, Antonia Truppo, Toni Laudadio, Marco Mario De Notaris, Gaetano Bruno, Gianfranco Gallo, Peppe Servillo, Antonio Pennarella, […]
“Indivisibili” è il terzo lungometraggio del bravo regista napoletano Edoardo De Angelis, un film originale che si differenzia nettamente da buona parte dei film italiani, ormai ripetitivi sia nei significati espressivi che nei contenuti. Questo film, infatti, è un connubio magistrale tra l’ars cinematografia e la realtà nuda e cruda, che descrive una storia ambientata a Napoli, città  che “rappresenta tutto quello che c’è di bello e di brutto al mondo … (dove) la compresenza di bellezza e bruttezza permette di realizzare una sintesi visiva che rappresenta la vita in maniera piuttosto esaustiva …”. Volgarità, ignoranza, desolazione, superstizione, falsità, droga, connubio tra chiesa e malaffare, sono i connotati di un mondo in cui vivono le due sorelle siamesi, Viola (Marianna Fontana) e Dasy (Angela Fontana), considerate per la loro condizione fisica un fenomeno portafortuna, le quali per la loro bella voce sono pagate per cantare melodie in matrimoni, battesimi, feste patronali. Ambedue i genitori, Peppe (Massimiliano Rossi) e Titti (Antonia Truppo), compresi gli zii, si spartiscono tutti i proventi derivanti dalla attività canora, vivendo alle loro spalle e privandole di tutto. Uno sfruttamento bello e buono.
Casualmente, un giorno, Viola e Dasy conoscono Alfonso Fasano (Peppe Servillo), un medico specializzato nella separazione dei fratelli siamesi, che opera in Svizzera, dal quale vengono a sapere, dopo opportune indagini, che è possibile eseguire la loro separazione. Questa notizia rompe l’equilibrio che si era venuto a creare fino a quel momento, facendo sognare Dasy che, in tal modo, avrebbe acquistato quella libertà che per ovvie ragioni le era negata, come fare l’amore o ubriacarsi o intraprendere un viaggio per Los Angeles o altro ancora, ma generando, al tempo stesso, contrasti forti con il padre, che si oppone ovviamente per insana convenienza all’intervento. Viola, invece, dal canto suo mostra contrarietà alla separazione perché non vuole staccarsi dall’amata sorella, ma Dasy rimane ferma nel suo intento.
Forti emozioni derivanti da un’autenticità descrittiva di un realismo becero catturano lo spettatore che vive in prima persona quella situazione inumana e incivile con estrema trepidazione e morale tifoseria.
Il regista, “un talento visionario”,  intuisce il profondo significato del suo tempo e del suo ambiente e lo descrive puntualmente nei minimi particolari con semplicità, evidenziando lo stato di degrado morale di una popolazione intera, grazie anche alla complicità di una chiesa rappresentata da un prete donnaiolo e affarista, don Salvatore (Gianfranco Gallo), in palese connubio con il malaffare, e lo stato di abbandono in cui versa un luogo in cui neppure le antiche vestigia dell’antro della Sibilla riescono a conferire una se pur minima idea di decoro.
“Indivisibili”, un capolavoro italiano, “un film da Oscar” come ha sostenuto il regista  Paolo Sorrentino, è stato presentato nella sezione "Giornate degli Autori" alla LXXIII Mostra Internazionale di Arte Cinematografica di Venezia, al Toronto International Fil Festival 2016 e al London Film Festival 2016,ed ha ottenuto il Premio FEDIC, il Premio Lina Mangiacapre, il Premio Francesco Pasinetti per il miglior film e il Premio Gianni Astrei.

Filmografia (lungometraggi)
Mozzarella Stories (2011) film d’esordio, Perez (2014).
Francesco Giuliano