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sabato 11 gennaio 2014

Mediocrità e squallore sono i caratteri dell’italica gente descritti dal film “Il capitale umano” di Paolo Virzì

Titolo: Il capitale umano
Regia: Paolo Virzì
Soggetto: Amidon Stephen
Sceneggiatura: Francesco Bruni, Francesco Piccolo, Paolo Virzì
Produzione: Italia, Francia, 2014

Cast: Fabrizio Bentivoglio, Valeria Bruni Tedeschi, Fabrizio Gifuni, Valeria Golino, Matilde Gioli, Luigi Lo Cascio, Giovanni Anzaldo, Guglielmo Pinelli, Gigio Alberti, Bebo Storti, Vincent Nemeth, Pia Engleberth, Nicola Cnetonze, […]
Andando a vedere questo film, e non avendo ancora letto il libro “Human capital”, dello scrittore americano Stephen Amidon, da cui è tratto, ho essenzialmente scoperto che ogni individuo, quando è in vita possiede in sé un “capitale umano” che non è lo stesso per tutti ma è variabile, dipende cioè dallo stato sociale di appartenenza, dall’età, dal “merito”, dalla sua speranza di vita. Anzi, esso si differenzia e dipende da alcune peculiarità individuali che variano da individuo a individuo, in quanto per la sua determinazione si tiene conto del lavoro che egli svolge, della qualità e della quantità di ciò che produce, del ceto sociale, del ruolo che occupa nella società, etc. etc.. Per cui un pensionato o cameriere, ad esempio, possiedono un bassissimo capitale umano pressoché nullo, soprattutto se appartengono ad un ceto sociale molto basso. Da ciò risulta che, anche se in uno stato come il nostro vige l’assioma che tutti i cittadini sono uguali di fronte alla legge, viene contraddetto uno dei fondamentali principi su cui si basa uno stato così detto “democratico”.
Il capitale umano” è l’undicesimo film di PaoloVirzì, dopo una costellazione di successi a partire da “La bella vita” (1994), e a seguire da “Ferie d’agosto” (1996), “Ovosodo” (1997), “Baci e abbracci” (1999), "My name is Tonino" (2002) “Caterina va in città” (2003), "N (Io e Napoleone)" (2006), "Tutta la vita davanti" (2008), "La prima cosa bella" (2010), per finire con “Tutti santi giorni” (2012). A differenza dei precedenti film, in cui Virzì descrive ed elabora, con perspicacia, bravura e ardire, i ritratti comici e meno comici particolari del variopinto carattere della gente italica, ne “Il capitale umano” (il migliore in assoluto tra i suoi ottimi film) sottolinea, con una professionalità tale che lo porta ai massimi livelli tra i registi italiani attuali, i tratti distintivi molto diffusi, i quali in circa un ventennio si sono consolidati nella maggior parte della gente, e cioè un’ima mediocrità da far paura, un’avidità sfrenata, un arrivismo incontrollabile per  raggiungere un prestigio sociale squallido e insensato, privo di valori, di punti di riferimento certi e indiscutibili e anche di umanità. Soprattutto, emerge la perdita dei legami culturali con il passato (non è un caso che in un gruppo di lavoro viene messa in discussione anche l’importanza di uno scrittore come Luigi Pirandello, premio Nobel 1934 per la Letteratura, mentre viene dato risalto ad un coro canoro) di “… un popolo che distrugge i resti del proprio passato … soffoca la propria anima, annienta la propria identità, si svuota di significato, non può acquisire i valori umani a fatica conquistati nel tempo dai suoi progenitori, rimane privo di sentimenti (dal racconto “IV – Hydra” de “I sassi di Kasmenai” ed. Il foglio, 2008).  E per evidenziare questi caratteri salienti contrassegnati di elevata negatività, il regista crea, con grande maestria e oculatezza, personaggi come quello dell’immobiliarista Dino Ossola (Fabrizio Bentivoglio), figura molto caricata sino all’inverosimile, o come quello dell’imprenditore Giovanni Bernaschi (Fabrizio Gifuni), o ancora come quella del professore intellettualoide Donato Russomanno (Luigi Lo Cascio), facendoli muovere in uno spettacolare teatrino del non senso, dove la donna matura, tra cui Carla Bernaschi (Valeria Bruni Tedeschi) o la psicologa Roberta Morelli (Valeria Golino), appare molto debole, poco determinante, e succube dell’uomo. Diciamo, però, che una speranza di cambiamento di rotta da questo disumano status quo, dove a soccombere sono sempre i meno furbi e i più deboli e dove il ricco o il furbo diventano sempre più ricchi, Virzì lo ripone nei giovani che cercano di ribellarsi ad esso, come cerca di fare Serena Ossola (Matilde Gioli).
Il capitale umano” è film dai connotati particolari con una sceneggiatura originale, dove la stessa storia viene vista da tre visuali diverse (quella di Dino, quella di Carla e quella di Serena), che si inquadra egregiamente tra il genere noir e la commedia italiana.