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lunedì 4 giugno 2012

Il film “Lezioni di sogni” (Der ganz große traum) di Sebastian Grobler suggerisce come si dovrebbe fare scuola

Titolo: Lezioni di sogni 
Titolo originale: Der ganz große traum (Il grande sogno del calcio)  
Regia: Sebastian Grobler 
Produzione:Germania, 2011 
Cast: Daniel Brühl, Thomas Thieme, Daniel Brül, Vincent Kastner, Burghart Klaußner, Jürgen Tonkel, Kathrin von Steinburg, […] 



Questo film ricalca, per certi versi, la trama del “L’attimo fuggente” di Peter Weir con Robin Williams, anche se è liberamente tratto da fatti realmente accaduti nella Germania imperiale verso il finire del XIX secolo, quando il militarismo estenuante e l’insensato e rigido rigore educativo stavano alla base di ogni insegnamento, e quando il distacco tra le classi sociali era marcatamente inumano. 
I ricchi denigravano i poveri e questi erano costretti a sopperire, senza alcuna possibilità di contrasto, alle loro angherie. Ai figli dei proletari non era permesso niente, neppure quello di frequentare le scuole dei ricchi ovvero, se gli era permesso, dovevano sborsare lauti compensi insostenibili e sopportare i loro soprusi gratuiti. A differenza del film di Weir, questo primo lungometraggio di Sebastian Grobler (già assistente alla regia del film Al di là del silenzio di Caroline Link, candidato all’Oscar 1996) sembra una favola a lieto fine per il modo come è condotto e sceneggiato, senza infamia e senza lode. Ma ha un pregio importante, quello di parlare di scuola. Descrive, infatti, una scuola dove si evidenzia con estrema semplicità che eventuali metodi anticonvenzionali, informali e insoliti, urtano non solo contro l’intolleranza dei genitori “benpensanti” conservatori e contrastano con gli stereotipi e con gli interessi del potere costituito, ma non risultano condivisi dai docenti retrogradi e antiprogressisti. Un docente tedesco Konrad Koch (Daniel Brühl), recatosi a studiare inglese all’Università di Oxford dove ha conseguito la laurea, ritorna in Germania perché viene chiamato ad insegnare, avendo avuto sentore del suo metodo di insegnamento innovativo, dal direttore di una scuola, in cui i docenti usano metodologie ortodosse e superate, anzi sbagliate dal punto di vista formativo, ma che sono bene accette e consone ai dettami dei genitori ricchi dalla mentalità autoritaria e militarista, che sostengono con i loro proventi quella istituzione scolastica. Il giovane docente Koch, infatti, dopo i primi tentativi risultati vani, come ogni bravo insegnante ricorre a strumenti educativi, che possono sembrare bizzarri ed “eretici” ma risultano efficaci. Utilizza il gioco del football per catturare l’attenzione dei suoi studenti e per motivarli allo studio dell’inglese, ritenuta lingua secondaria e di scarsa importanza, e ottiene subito risultati soddisfacenti. 
È stato importante averlo trasmesso in prima serata su Rai1, soprattutto di domenica sera (3 giugno), quando milioni di spettatori vedono la televisione, perché questo film dà un messaggio significativo: qualunque riforma scolastica non servirà a niente se non si smantellano gli atteggiamenti retrivi di alcuni docenti, che si racchiudono nelle loro nicchie disciplinari, e se non si cambia la metodologia didattica. A tal proposito mi sovviene citare Cartesio, il grande filosofo razionalista, quando sostiene che “volendo seriamente ricercare la verità delle cose, non si deve scegliere una scienza particolare, infatti esse sono tutte connesse tra loro e dipendenti l'una dall'altra. Si deve piuttosto pensare soltanto ad aumentare il lume naturale della ragione, non per risolvere questa o quella difficoltà di scuola, ma perché in ogni circostanza della vita l'intelletto indichi alla volontà ciò che si debba scegliere; e ben presto ci si meraviglierà di aver fatto progressi di gran lunga maggiori di coloro che si interessano alle cose particolari e di aver ottenuto non soltanto le stesse cose da altri desiderate, ma anche più profonde di quanto essi stessi possano attendersi”. È, a fortiori, necessario citare anche il filosofo E. Severino quando afferma che “Il problema della corrispondenza delle nostre rappresentazioni con la realtà esterna è il problema specifico della filosofia moderna fino a Kant. È stato chiamato "problema gnoseologico", cioè problema del valore della "conoscenza" (gnosis). Ormai abituati a considerare le filosofie come isole separate le une dalle altre e con fisionomie tipiche e contrapposte, non teniamo presente che le isole si appoggiano sul fondo comune che le sostiene e che nella storia della filosofia ciò che conferisce all'insieme il suo significato autentico è appunto quel fondo”. La metodologia attualmente usata nella nostra scuola, in effetti, serve allo studente ad “avere conoscenza”, che è assunzione e mantenimento del possesso delle conoscenze disponibili, piuttosto che “conoscere”, cioè apprendere qualcosa di funzionale e parte integrante del processo di elaborazione mentale produttiva. Allora, sarebbe auspicabile nell’insegnamento tener conto delle moderne teorie costruttiviste, le quali sostengono che la conoscenza è una costruzione autonoma dell’individuo e, in particolare, facendo riferimento al costruttivismo psicogenetico piagetiano, che nessuna conoscenza umana è preformata ma viene costruita dall’individuo che elabora autonomamente sia le strutture operatorie sia i modelli e le rappresentazioni della realtà.
Francesco Giuliano