var _gaq = _gaq || []; _gaq.push(['_setAccount', 'UA-26218038-5']); _gaq.push(['_trackPageview']); (function() { var ga = document.createElement('script'); ga.type = 'text/javascript'; ga.async = true; ga.src = ('https:' == document.location.protocol ? 'https://ssl' : 'http://www') + '.google-analytics.com/ga.js'; var s = document.getElementsByTagName('script')[0]; s.parentNode.insertBefore(ga, s); })();

giovedì 25 ottobre 2012

Silvio Soldini con il film “Il comandante e la cicogna” manifesta tutta la sua anima poetica e romantica in un Italia che l’ha persa.

Titolo: Il comandante e la cicogna
Regia: Silvio Soldini
Sceneggiatura: Silvio Soldini,  Marco Pettenello, Doriana Leondeff
Musica: Banda Osiris; la canzone “La cicogna” è cantata da Vinicio Capossela
Produzione, Italia, Svizzera, 2012
Cast: Valerio Mastandrea, Claudia Gerini, Alba Rohrwacher, Giuseppe Battiston, Luca Zingaretti, Luca Dirodi, Serena Pinto, Shi Yang, Michele Maganza, Giselda Volodi, Giuseppe Cederna, Fausto Russo Alesi, […]

Silvio Soldini descrive nel film “Il comandante e la cicogna” una città apparentemente e volutamente anonima perché potrebbe essere una qualsiasi città italiana (in effetti è Torino) rappresentativa del paese Italia, in cui pullula un mondo melmoso e corrotto dove vivono individui, uomini e donne, anche in età adolescenziale, disorientati, senza valori in cui credere e a cui aggrapparsi, che si lasciano trasportare dagli eventi senza possibilità alcuna di riuscire a dominarli. C’è l’idraulico Leo (Valerio Mastandrea), rimasto vedovo, che trova sollievo nel ricordo antropomorfizzato della moglie Teresa (Claudia Gerini), morta in un incidente, perchè non riesce a gestire e controllare i suoi due figli Elia (Luca Dirodi) e Maddalena (Serena Pinto). Il primo molto riflessivo e dalle evidenti capacità creative è molto preso dal comportamento di una cicogna con cui ha instaurato una inconsueta amicizia, e l’altra molto presa da relazioni para-affettive che sfociano immancabilmente in deleteri rapporti sessuali, molto imprudenti e nocivi. Poi c’è Diana (Alba Rohrwacher) che cerca stentatamente di realizzare il suo sogno di pittrice. Ci sono, anche se dai modi di pensare e dai comportamenti antitetici, da una parte il grosso simpatico omone Amanzio (Giuseppe Battiston), non lavoratore di professione e amante del bel vivere, che sbarca il lunario con i proventi che gli arrivano con il contagocce dall’affitto della sua casa, e dall’altra l’avvocato Malaffano (Luca Zingaretti) un professionista lazzarone e truffaldino i cui clienti adepti al malaffare sono o malfattori o in carcere. C’è anche il segugio Emiliano (Michele Maganza) che sfrutta senza ritegno e senza pudicizia i sentimenti pur di raggiungere l’obiettivo per il quale è stato pagato.
Un paese Italia, dunque, in cui l’immoralità e la superficialità imperversano e dove si è perso il senso della storia. Soldini, infatti, fa parlare la statua di Giuseppe Garibaldi che ha lottato e che ha visto tanto sangue versato perché l’Italia risorgesse e diventasse unita, e quella di Leonardo da Vinci,  uno dei più grandi ingegni della storia, e ancora quella di Giacomo Leopardi, grande poeta romantico. Rappresentanti rispettivamente degli ideali, dell’ingegno e della poesia che sono andati via via persi e sostituiti dall’ignoranza, dall’arroganza e dal malaffare. Rappresentanti che se vivessero nei giorni nostri sicuramente si vergognerebbero e si pentirebbero di aver creduto in certi ideali o di aver fatto ciò che hanno fatto per  dare prestigio all’Italia.  Non è un caso che nel film venga recisa la testa del cavaliere Cazzaniga, metafora di chi ha portato in questo stato rovinoso l’Italia. E non è neppure un caso che quella testa diventi il simulacro da custodire e venerare presso lo studio dell’avvocato Malaffano, suo degno sostenitore.
Soldini, tuttavia, dà un messaggio di positività in questo disastroso sfacelo e lo fa attraverso il busto di Leopardi che si gira di notte verso una finestra illuminata dove Leo e Diana hanno fatto l’amore o attraverso al ripresa del volo di una cicogna, simbolo di risveglio e di rinascita. Oserei dire, parafrasando De AndréDal letame nascono i fiori”, che è questo il messaggio che Soldini vuole darci.  Un film ben diretto, in cui tutti gli attori hanno mostrato la loro ormai famosa bravura, compresi i giovanissimi Luca Dirodi e Serena Pinto, e dove hanno trovato vitalità anche le voci di Pierfrancesco Favino, quella di Neri Marcorè e anche quella di Giugno Alberti. Un film che Soldini definisce “surreale, fantasioso e divertente ma decisamente deflagrante”, e che mantiene lo stesso spirito di “Pani e tulipani” (2000) con Licia Maglietta, Bruno Ganz e Giuseppe Battiston, ma che per questa sua specificità fantastica, surreale e grottesca si allontana dai toni realistici di “Giorni e nuvole” (2007) con Margherita Buy, Antonio Albanese e Giuseppe Battiston  o di “Cosa voglio di più”(2010) con Pierfrancesco Favino, Alba Rohrwacher e Giuseppe Battiston (attore preferito da Soldini).

martedì 23 ottobre 2012

Con il film “Lo spazio bianco” Francesca Comencini descrive le vicissitudini di una donna matura in procinto di diventare madre.

Titolo: Lo spazio bianco
Regia: Francesca Comencini
Soggetto: Valeria Parrella
Sceneggiatura: Francesca Comencini, Federica Pontremoli
Produzione: Italia, 2009
Cast: Margherita Buy, Gaetano Bruno, Giovanni Ludeno, Salvatore Cantalupo, Antonia Truppo, Guido Caprino, Maria Paiato, […]

Una gravidanza inattesa crea in Maria (Margherita Buy), insegnante di italiano in una scuola serale, un tale scombussolamento che le sconvolge quell’equilibrio vitale che aveva raggiunto fino a quel momento. Maria, che vive da sola e che data l’età avanzata aveva abbandonato definitivamente il sogno di diventare madre o di farsi un compagno o un marito, quando meno se l’aspetta, in seguito ad un rapporto sessuale, casuale, transitorio, rimane prima incinta e poi sola a gestire la gravidanza perché abbandonata da Pietro (Guido Caprino), l’uomo con cui aveva avuto la relazione “galeotta”. Maria conduce magnificamente la gravidanza ma partorisce prematuramente Irene, una bimba di sei mesi. Il tempo in cui la neonata rimane nell’incubatrice, sospesa tra vita e la morte, fino a quando questa forse acquisirà le capacità fisiologiche che le consentiranno di vivere autonomamente, costituisce “lo spazio bianco”, cioè l’interstizio che c’è tra l’essere e il non essere, il vuoto che ognuno di noi prova in quei particolari momenti della vita caratterizzati da una grande insicurezza, e che fomenta quelle incertezze quotidiane che ognuno tende a sopprimere, spinto da una forza sconosciuta, per giungere a quelle ricercate emozioni che danno un senso alla vita. In quello “spazio bianco” Maria, infatti, inserisce ogni cosa a torto o a ragione, dove, casualmente e spontaneamente a seconda del momento e dei fatti che sta vivendo, intercala  i ricordi belli e cattivi che le affiorano alla mente e i fatti che le succedono  quotidianamente con tutte le palpitazioni e il conseguente sconforto che generano le umane ansie miste alle preoccupazioni, alle inquietudini e alle angustie. Queste, per fortuna e forse per un innata tendenza alla conservazione della specie umana, sono intervallate fortunatamente da frammenti momentanei di gioia. La misteriosa Margherita Buy, una delle poche attrici italiane avulsa a ragione dal gossip, interpreta magistralmente un personaggio che sembra costruito apposta per lei. Per questo film la Buy, infatti, ha avuto la nomination come migliore attrice del premio Nastro d’argento 2010 e la nomination come migliore attrice del premio Davide di Donatello 2010. Francesca Comencini mostra, da parte sua, la bravura e la profondità della grande regista ottenendo il premio Nastro d’argento 2010. Il film è stato tratto dal romanzo omonimo della scrittrice Valeria Parrella.

giovedì 18 ottobre 2012

Con il film “Un sapore di ruggine e ossa” il regista Jacques Audiard descrive gli aspetti tragici e violenti di un mondo senza valori.

Titolo: Un sapore di ruggine e ossa
Titolo originale: De rouille et d’os
Regia: Jacques Audiard
Sceneggiatura: Jacques Audiard, Thomas Bidegain
Musica: Alexandre Despalt
Paese: Francia, Belgio 2012
Cast: Marion Cotillard, Matthias Schoenaerts, Armand Verdure, Corinne Masiero, Céline Sallette, […]
Il regista Jacques Audiard in questo film "Un sapore di ruggine e ossa", basato su libro di racconti “Ruggine e ossa” di Craig Davidson, descrive un mondo in cui c’è assenza di valori e di sentimenti, dove ogni individuo vive senza punti di riferimento, dove si fa sesso solo come bisogno fisiologico e solo quando si è “opè”, dove l’apparire conta più dell’essere, e dove prevale non soltanto la tragedia ma anche la violenza fine a se stessa. La prima, cioè la tragedia, si coglie nella solitudine di un bel bambino di cinque anni, Sam (Armand Verdure), che abbandonato dalla madre, pur vivendo con il padre in una cittadina al sud della Francia, praticamente passa le giornate in solitudine e trova grande conforto e soddisfazione dei propri bisogni affettivi soltanto nell’accudire e nel giocare con due cuccioli. L’attaccamento sentimentale nei confronti dei due cagnolini è così grande che prova un grande dolore nel momento in cui essi vengono dati via dalla zia. La tragedia si coglie ancora nell’evento sfortunato che si abbatte sulla bellissima Stephanie (Marion Cotillard), addestratrice di orche marine, che perde ambedue gli arti inferiori. La tragedia si evidenzia ancora quando il piccolo Sam cade nell’acqua di un lago  in seguito alla rottura della lastra ghiacciata superficiale che la ricopriva. La violenza, invece, si coglie nei sanguinosi incontri clandestini di pugilato che Alain (l’attore belga Matthias Schoenarts), il padre di Sam, compie per sbarcare il lunario.  La violenza sorprende, ancora, quando Alain picchia a malo modo il piccolo Sam perché non vuole uscire dalla cuccia canile, oppure quando cerca di lavarlo a modo suo, perché sporco. La violenza afferra lo spettatore anche quando la sorella di Alain, Anna (Corinne Masiero), viene licenziata dal supermercato in cui lavora, perché è stata ripresa da videocamere nascoste mentre ruba dal magazzino vaschette di yogurt scaduto. In questo film, il regista mostra ancora una volta la sua visione pessimistica della realtà dove vige la legge del più forte, anche se in maniera più pacata rispetto al suo ottimo film “Il profeta” (2009), e dove la violenza ha sempre la parte del leone. Non solo violenza fisica ma anche psichica. E fa intuire anche la concezione sallustiana secondo la quale l’uomo “faber est suae quisque fortunae”, cioè l’uomo è anche artefice della propria sorte. Sostiene, però, che solo affidandosi all’amore si possano trasformare le avversità in eventi fausti. Ma lo dice attraverso la trasparenza del vetro!
Il film dai tratti forti è stato presentato al Festival del Cinema di Cannes 2012 ottenendo il plauso della critica e del pubblico. Bravissima l’attrice Marion Cotillard, indimenticabile sia per l’interpretazione di Fanny  Chenal in “Un’ottima annata“(2006) di Ridley Scott sia per quella magnifica e insuperabile interpretazione della cantante Edith Piaf in “La vie en rose” (2008) di Olivier Dahan che le fruttò il premio Oscar 2008 come migliore attrice.

sabato 13 ottobre 2012

Con il film “Tutti i santi giorni” il regista Paolo Virzì abbandona l’impronta sarcastica e ironica e scopre la vena romantica

Titolo: Tutti i santi giorni
Regia: Paolo Virzì
Sceneggiatura: Paolo Virzì, Francesco Bruni, Simone Lenzi
Colonna sonora: Federica Victoria Caiozzo, in arte Thony
Produzione: Italia, 2012
Cast: Luca Marinelli, Federica Victoria Caiozzo in arte Thony, Micol Azzurro, Claudio Pallitto, Stefania Felicioli, Franco Gargia, Giovanni la Parola, […]

Il film “Tutti i santi giorni” tratto dal romanzo “La generazione” di Simone Lenzi, che è anche uno degli sceneggiatori, tratta della relazione amorosa di una coppia. Il film racconta, infatti, di una strana coppia di due giovani conviventi ultratrentenni, ambedue lavoratori precari. Innamorati però. Siciliana “coatta” lei, molto bella: Antonia (Thony), ignorante, cantautrice, sgradevole nei modi poco ortodossi, impiegata in un autonoleggio, che utilizza un linguaggio scurrile e dozzinale (ad esempio “minchia” sinonimo di pene, dal latino “mencla”, è una parola frequente nel suo lessico), scappata di casa dopo aver litigato con i familiari, in primis con i genitori che le risultano fastidiosi e insopportabili. Di origini toscane invece lui: Guido (Luca Marinelli) lavora come portiere in un albergo, è molto colto - chiamato per questo ironicamente “quidopedia” - e ben educato, lo contraddistingue un animo nobile e genuino, fa uso di un linguaggio spontaneo, elegante e raffinato, dimostra modi gentili e cortesi, ed è molto legato alla sua famiglia. Due giovani che, come cultura, comportamento, origini, modi, usi e costumi, sono agli antipodi. Contemporanea lei. Anacronistico lui. Eppure si amano alla follia, anzi lui ama più lei che viceversa. “Tutti i santi giorni”, di sera, di mattina, di notte, quando capita, fanno sesso appassionante. Un legame basato sulla purezza e sulla genuinità dei sentimenti soprattutto di Guido. Sembrano inseparabili e avulsi dai comportamenti della gioventù moderna, distaccati da quel mondo che ruota attorno a loro, deturpato dal pressappochismo, dall’ignoranza imperante, dal pensiero unico dettato dai talk show televisivi o dalle partite di calcio domenicali, dalla violenza fisica, dalla superficialità, dove le relazioni conviviali sono ridotte all’osso, dove i sentimenti non contano, dove i figli vengono abbandonati dai padri senza alcun problema, dove la precarietà non è solo economica ma anche etica e morale, dove non ci sono punti di riferimento, valori certi a cui aggrapparsi per vivere decentemente. Un mondo ormai lontano da quell’originario concetto di femminilità che è stata deturpata, lesa e vilipesa e da quell’idea di legame affettivo che tiene fortemente unito un uomo ad una donna. E in questo mondo la bella Antonia non si sente all’altezza di Guido, ne soffre sia l’inferiorità culturale che quella comportamentale e con la scusa di non poter avere un figlio, per avere il quale ha lottato tanto, lo lascia e va a vivere con un suo vecchio amico cantante Jimmy (Giovanni La Parola), un giovane senza identità, disorientato, allo sbando. Ma non finisce qui…  Guido e Antonia ripartiranno un’altra volta. Insieme.
Un film diverso, spiazzante” è “Tutti i santi giorni” come afferma il regista, un inno all’amore contro lo squallore, la superficialità e la rozzezza che caratterizzano il nostro tempo, un film che dimostra come l’amore possa unire due persone culturalmente e socialmente diverse, un film commedia che si distacca nettamente dall’ultimo film di Paolo VirzìLa prima cosa bella” interpretato magnificamente dalla brava Micaela Ramazzotti. Un film dove  Luca Marinelli dimostra di essere un bravo attore così come lo ha evidenziato con la sua precedente interpretazione ne “La solitudine dei numeri primi” e dove Federica Victoria Caiozzo, in arte Thony, che da cantante è stata catapultata ad essere attrice, è stata una vera scoperta.

giovedì 4 ottobre 2012

Con il film “Reality” Matteo Garrone descrive la realtà a portata di televisione.

Titolo: Reality
Regia: Matteo Garrone
Soggetto: Matteo Garrone, Massimo Gaudioso
Sceneggiatura: Matteo Garrone, Massimo Gaudioso, Maurizio Bracci, Ugo Chiti
Musica: Alexandre Desplat
Produzione: Italia, 2012
Cast: Aniello Arena, Loredana Simioli, Nadno Paone, Ciro Petrone, Nello Iorio, Nuzia Schiano, Claudia Gerini, Graziella Marina, […]
Straordinariamente strepitoso, terribilmente tragico, prepotentemente sconvolgente a tal punto da scuotere le coscienze degli spettatori quest’ultimo bellissimo film di Matteo Garrone “Reality” che, seguendo la scia del film “Gomorra” soltanto nella scelta degli attori, attori non professionisti “grassi, sporchi e cattivi” (come l'attore carcerato Aniello Arena, che riveste la parte del protagonista Luciano Ciotola, o come il ragazzo barista interpretato da Ciro Petrone, uno dei due protagonisti giovani di “Gomorra”), riesce a descrivere la realtà dei videodipendenti in modo documentaristico facendone risaltare l’aspetto grottesco e tragicomico.
Reality” è, secondo la nostra opinione, un drammatico e idoneo atto d'accusa nei confronti di quei programmi televisivi che in maniera occulta e subdola tendono a portare, annullandogli la volontà, ad un’obbedienza cieca al potere costituito e ai leader che lo detengono, gli individui, sotto l’ipocrita e utopica finalità di fargli raggiungere la felicità. In effetti il berlusconismo non ha cercato di fare questo? Un male scampato, almeno per ora.
Tutto ciò era già stato previsto da George Orwell che nel romanzo fanta-futuristico “1984”, descrive un “Grande fratello” che vuol far credere agli individui, riuscendoci, che “la guerra è pace”, che “la libertà è schiavitù”, che “l’ignoranza è forza”, e dove l’“Orthodoxy means not thinking – not needing to think. Orthodoxy  is unconsciousness”, (Ortodossia significa non pensare – non avere necessità di pensare. Ortodossia è perdita di coscienza). Allo stesso modo, oggi con i “Reality show” avviene nella mente dell’individuo che li segue una distorsione della realtà che ne annulla la coscienza, facendolo diventare in certo qual modo un automa. E ciò che avviene a Luciano, il protagonista del film, il quale gradualmente perde la capacità di ragionare e, come un nuotatore che viene sorpreso dalla furia delle acque di un fiume in piena senza possibilità alcuna di trovare un riparo, diventa un ossesso, un folle pirandellianamente parlando. La furia delle acque è come la follia prodotta dalle fisime e dalle fissazioni causate dal reality, secondo la sequenza guardare-condividere-accettare, da cui l’individuo non potrà più uscire, non ha più scampo. Alla luce di questa concezione ciò che conta non è “essere” ma “apparire” come si evince dall’aforisma: -“Essere” ci dà il senso della vita, “apparire” invece il vuoto dentro di noi -. (da http://www.aphorism.it/francesco_giuliano/aforismi/essere_ci_da_il_senso_della_vita_apparire_inv/.
Un'anticipazione di questa concezione si ha con la sequenza iniziale del film che descrive lo svolgimento di un matrimonio. A nulla valgono i tentativi di dissuasione nei confronti di Luciano della moglie Maria (Loreadana Simioli) o della zia Nunzia(Nunzia Schiano) o dell’amico Michele (Nando Paone). È come parlare al vento che porta via con sé tutto.
Tutto questo è conseguenza dell’avvento innocente della televisione in Italia dal lontano 1954 che ha stravolto la vita degli italiani come si evince nel racconto “La televisione” dal romanzo “I sassi di Kasmenai” (ed. Il foglio, 2008): “Ormai era un desiderio di tutte le famiglie quello di possedere in casa la scatoletta (n.d.r la televisione), che poi ha cambiato la vita agli italiani, sia nel bene sia nel male; una cosa rilevante, determinata da quell’oggetto, è stata la diffusione della lingua italiana entro i confini nazionali, ed anche fuori... .”

Suggestiva e significativa la sequenza delle immagini (una delle quali è riportata nella locandina) che si susseguono al termine del film che ricorda le immagini iniziali, riportate all’incontrario, del film dei fratelli Ethan e Joel CoenBurn After Reading - A prova di spia” (2008). Le azioni degli uomini sono poca cosa nei confronti dell’infinità dell’Universo, o meglio, per fare intendere il discorso, sono un infinitesimo come lo è “il bosone di Higgs” la più piccola particella subatomica dal carattere effimero. Bella la colonna sonora del maestro Alexandre Desplat.
Il film ha avuto conferito il premio della Giuria al Festival di Cannes 2012.

lunedì 1 ottobre 2012

Il film “20 sigarette” di Aureliano Amadei descrive il dramma della guerra raccontato da un sopravvissuto

Titolo: 20 sigarette
Regia: Aureliano Amadei
Soggetto: Aureliano Amadei, Francesco Trento, Volfango De Biasi
Sceneggiatura: Aureliano Amadei, Francesco Trento, Volfango De Biasi, Gianni Romoli
Produzione: Italia, 2010
Cast: Vinico Marchioni, Carolina Crescentini, Giorgio Colangeli, Orsetta De Rossi, Alberto Basaluzzo, Edoardo Pesce, Luciano Virgilio, Massimo Popolizio, […]


20 sigarette”, un titolo che scandisce inesorabilmente il trascorrere del tempo come un orologio, è un film trasmesso recentemente, in prima serata, su RAI3. Esso descrive le vicissitudini drammatiche, terribilmente vere e orribilmente realistiche vissute in prima persona dallo stesso regista del film Aureliano Amadei (Vinicio Marchioni) che è stata l’unica persona sopravvissuta all’attentato di Nassiriya in Iraq nel novembre 2003. Amadei era andato in Iraq come assistente del regista Stefano Rolla (Giorgio Colangeli), morto nell’attentato, per girare un film e invece restò ferito fortunosamente anche se gravemente. Rimessosi in sesto, anche se rimasto claudicante, dopo circa sette anni, girò questo film, con una ripresa originale anche se azzardata, come un bravo cronista documentarista. Ripresa eseguita appositamente tremolante e per questo realistica che conferisce al film l’impronta di documentario, appunto. Immagini cruente e crude, di corpi dilaniati coperti da un miscuglio di sangue e polvere, seguite da lamenti e di silenzi, da grida e da pianti, da desolazione e da sconforto, come se la ripresa fosse stata fatta in diretta. Immagini che coinvolgono emotivamente lo spettatore a cui trasmettono sofferenza e angoscia e al quale fanno toccare con mano l’ipocrisia e il cinismo dei nostri governanti che sotto l’egida della “missione di pace” inviano i militari a fare la “guerra”. L’egida della “guerra”, da cui emerge, infatti, con forza cruda implacabile aspro che la vita perde il valore e il significato che la caratterizzano, dove i corpi dilaniati rimangono intrisi del purpureo liquido vitale come un’impronta indelebile, indistruttibile, indimenticabile. Tutto ciò dovrebbe farci riflettere sulla “guerra” e sulla sua inutilità e aborrirla per difendere la pace a tutti i costi, per difendere la vita, perché a questo mondo si nasce e si vive una volta sola. Nel film risalta anche la figura di Claudia (la bella Carolina Crescentini), che copre il ruolo della fidanzata di Amadei.