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lunedì 27 agosto 2012

Nel film “Puerto Escondido” il regista Salvatores si lascia trasportare molto dalla fantasia e dalla bizzarria



Titolo: Puerto Escondido

Regia: Gabriele Salvatores
Sceneggiatura: Gabriele Salvatores, Enzo Monteleone, Diego Abatantuono
Produzione: Italia 1992
Cast: Claudio Bisio, Diego Abatantuono, Valeria Golino, Renato Carpentieri, Antonio Catania, Fabrizio Bentivoglio, Elena Callegari, […]


Ho rivisto recentemente “Puerto Escondido” in TV, trasmesso da La7, dopo venti anni dalla sua prima uscita (1992) trovandolo sui generis non tanto per il contenuto ma per la maniera fantasiosa che il regista Gabriele Salvatores ha utilizzato. È un film giallo ma dai connotati fantastici, bizzarri, a volte anche onirici, la cui trama si svolge soprattutto in Messico “una delle pattumiere degli Stati Uniti. Tutti i loro rifiuti, le cose che non gli servono più” vanno a finire là. E va a finire là anche Mario Tozzi (Diego Abatantuono), un milanese impiegato di banca, abbastanza integrato, dove incontra Anita (Valeria Golino) e Alex (Claudio Bisio) a cui confessa“fino a tre mesi fa facevo una vita normale. Stavo inquadrato, in una società che ha delle regole, e rispettavo le regole: ero convinto che rispettando queste regole ci fossero dei tornaconti, ci fosse una regia occulta che mi muovesse, che mi facesse diventar vecchio in un certo modo, con più saggezza, con delle sicurezze”. Per sfuggire ad un’indagine di polizia su un omicidio dove è implicato il commissario di polizia Viola (Renato Carpentieri), Mario finisce, dunque, in Messico, in un porto segreto, dove si abituerà alla stessa vita di stenti e di espedienti, sicuramente priva di stress, condotta da Alex e Anita, tant’è che Alex afferma “Sai, basta ridurre le esigenze. Più consumi, e più devi trovare i soldi, devi lavorare... poi diventi schiavo... Invece così...”
Dopo il meritato successo e l’ottenimento dell’Oscar con il film Mediterraneo (1991), Salvatores con questo film delude un po’ anche se la sceneggiatura gode di un buon substrato e gli attori si mostrano abbastanza bravi. Il film, infatti, ha ricevuto due Nastri d’argento sia per Diego Abatantuono come migliore attore sia per Renato Carpentieri come migliore attore non protagonista.

giovedì 23 agosto 2012

La 69^ Mostra Internazionale di Arte Cinematografica di Venezia 2012.



















Il 29 agosto prossimo venturo inizierà a Venezia la 69^ Mostra Internazionale di Arte Cinematografica che si chiuderà il giorno 8 settembre. La Mostra è organizzata dalla Biennale di Venezia e diretta da Alberto Barbera. Lo scopo della Mostra è quello di “favorire la conoscenza e la diffusione del cinema internazionale in tutte le sue forme di arte, di spettacolo e di industria, in uno spirito di libertà e di tolleranza. La Mostra include retrospettive e omaggi a personalità di rilievo, come contributo a una migliore conoscenza della storia del cinema”. Il programma si può scaricare dal seguente link: http://www.labiennale.org/doc_files/programma-69b.pdf .

Sono tre le giurie internazionali che assegneranno i premi ufficiali in cui troviamo anche attori italiani come Pierfrancesco Favino, Isabella Ferrari e Matteo Garrone: Venezia 69 - Concorso internazionale di lungometraggi in prima mondiale (Michael Mann presidente, Marina Abramovic, Laetitia Casta, Peter Ho-Sun Chan, Ari Folman, Matteo Garrone, Ursula Meier, Samantha Morton, Pablo Trapero). Orizzonti - Le nuove correnti del cinema mondiale (Pierfrancesco Favino presidente, Sandra den Hamer, Runa Islam, Jason Kliot, Nadine Labari, Milcho Manchevski, Amir Naderi). Opera Prima (Shekhar Kapur presidente, Michel Demopoulos, Isabella Ferrari, Matt Reeves, Bob Sinclar).

Il pubblico può assistere gratuitamente martedì 28 agosto, alle 20.30, alla proiezione del film “Roma ore 11” del compianto regista neorealista Giuseppe De Santis nato a Fondi nel 1917, nella serata di pre-apertura che si svolgerà presso l’Arena di Campo San Polo, per festeggiare il sessantesimo anniversario della prima proiezione di questo film (interpretato da Lucia Bosé, Carla Del Poggio, Massimo Girotti e Raf Vallone), in una nuova copia fornita dal CSC-Cineteca Nazionale di Roma.
Buon divertimento.

mercoledì 22 agosto 2012

“Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto”, un film del compianto regista Elio Petri, superpremiato per la sua originalità prorompente.



Titolo: Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto


Titolo: Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto

Regia: Elio Petri
Sceneggiatura: Elio Petri, Ugo Pirro
Musica: Ennio Morricone, Piero Nicolai
Produzione: Italia, 1970

Cast: Gian Maria Volonté, Florinda Bolkan, Orazio Orlando, Salvo Randone, Gianni Santuccio, Massimo Foschi, Vittorio Duse, Aldo Rendine, Sergio Tramonti,[…]


Qualche sera fa hanno trasmesso in televisione, su La7, che ho rivisto con grande piacere e devo dire anche un po’ di nostalgia, il film “Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto” dopo averlo visto per la prima volta, in prima visione, nel lontano 1970 in un cinema di Catania. Devo confessare che il regista Elio Petri, che già conoscevo per “Il maestro di Vigevano” (1963) con Alberto Sordi e per “La decima vittima” (1965) con Marcello Mastroianni, ma soprattutto per “A ciascuno il suo” con Gian Maria Volonté, con questo film mi fece appassionare per due motivi. Primo, per il carattere travolgente, impetuoso, realistico, violento, ironico, sarcastico, istrionico, aggressivo, mostrato dall’ispettore di polizia, interpretato magistralmente dal grande attore Gian Maria Volonté, forse un po’ ridondante ma efficace a tal punto da far risultare simpatico un omicida. Secondo, per il particolare tema trattato che metteva e mette a nudo lo sfrenato autoritarismo, senza limiti, di chi detiene il potere. Tutti i cittadini dovrebbero essere uguali di fronte alla legge ma, come scriveva Gorge Orwell nella “Fattoria degli animali” del 1943, ci sono quelli “più uguali degli altri”. Un garante della legge nonché fautore del potere costituito, qual è un ispettore della polizia, che commette un delitto può, infatti, essere sospettato anche quando gli indizi chiaramente portano a lui? Il giovane contestatore Antonio Pace (Sergio Tramonti), infatti, mentre era indagato dice all’ispettore: “Qui ci sei e qui ci rimani, un criminale a dirigere la repressione è perfetto, è perfetto, è perfetto, è perfetto!”. Dopo essere stato promosso a capo della Squadra politica per i suoi meriti e per le sue idee preconcette, l’ispettore, che è convinto che i contestatori “la rivoluzione ce l'hanno nel sangue, come la sifilide”, pur autoaccusandosi di avere ucciso Augusta Terzi (Florinad Bolkan) viene “perdonato” dai suoi superiori. C’è da considerare che il film, progettato dopo i moti del ’68 che investirono quasi tutta l’Europa, volle mettere in luce i rischi di una spinta del potere verso uno stato autoritario, così come era già avvenuto in Grecia con il colpo di stato dei colonnelli del 1967. Il film ottenne il “premio Oscar 1970” come migliore film straniero, tre nastri d’argento 1971 rispettivamente per l’originalità del soggetto, per Gian Maria Volonté come migliore attore e per Elio Petri come migliore regia, ma ebbe anche il “Gran premio della giuria 1970” al Festival di Cannes, a cui si aggiunsero due “David di Donatello 1970” rispettivamente per Gian Maria Volonté come migliore attore e a Marina Cicogna e Daniele Senatore come migliore produzione.

martedì 21 agosto 2012

Il regista Tony Scott si è suicidato a 68 anni.



"Questo regista ci ha lasciato film indimenticabili, persino relativamente ad un particolare tecnico spesso trascurato come le colonne sonore, ed era giusto ricordarlo oggi..." mi scrive un lettore avendo letto il mio articolo pubblicato ieri su "Specchio quotidiano"sul regista Tony Scott che ripropongo in questo blog:

Il regista Tony Scott, nato nel 1944 a Stockton-on-Tees nel Regno Unito, si è suicidato lanciandosi dal ponte Vincent Thomas di San Pedro a Los Angeles. Sette anni più giovane dell’ancor più famoso fratello Ridley Scott, regista di film di successo internazionale, “Thelma e Louise”, “Il Gladiatore”, “Le crociate” e il supersfruttato “Robin Hood”, inizia la sua carriera ancora giovanissimo nel cinema come attore di un corto diretto appunto dal fratello Ridley che lo spinge a lavorare nel mondo del cinema. Tony Scott inizia la sua carriera di regista solo nel 1983 con il film “Miriam si sveglia a mezzanotte” che per la sua peculiarità non riesce ad avere molto successo che invece ottiene tre anni più tardi con il film “Top Gun” con Tom Cruise. Un anno più tardi dirige “Beverly Hills Cop” con Eddie Murphy che pur avendo ottenuto ottimi incassi non fu ben accolto dalla critica. Nel 1990 conduce prima il film “Revenge” con Antony Quinn e Kevin Costner e poi “Giorni di tuono” con Tom Cruise, ambedue con scarsi risultati commerciali, ma rimonta subito dopo con “L’ultimo Boy Scout” interpretato da Bruce Willis e soprattutto con “Una vita al massimo” del 1993 con un cast di attori eccezionale: Gary Oldman, Tennis Hopper, Val Kilmer e Brad Pitt. Successivamente lo vediamo impegnato in “Allarme rosso” con Denzel Washington e Gene Hackman, ne “Il mito” con Robert De Niro, quindi in “Spy Game” (2001) , in “Domino” (2005) e in “Pelham 123 – Ostaggi in metropolitana” (2009) con Denzel Washington e John Travolta. Finalmente arriva il successo sia commerciale che di critica con l’ultimo film “Unstoppable – Fuori controllo” (2010) con l’interpretazione di Denzel Washington.

domenica 19 agosto 2012

Con il film “Sacco e Vanzetti” il regista Luciano Montaldo affronta l’annoso e violento problema del razzismo.

Titolo: Sacco e Vanzetti

Regia: Giuliano Montaldo
Soggetto e sceneggiatura: Giuliano Montaldo, Fabrizio Onofri, Ottavio Jemma
Musiche: ennio Morricone, Joan Baez
Produzione: Italia, Francia, 1971
Cast: Gian Maria Volontà, Riccardo Cucciola, Rosanna Fratello, Sergio Fantoni, Armenia Balducci, Marisa Fabbri, […]

Giuliano Montaldo, avendo iniziato la sua carriera di regista con “Tiro al piccione” (1962), raggiunse l’apice della sua popolarità con il bellissimo film “Sacco e Vanzetti” che al Festival del Cinema di Cannes del 1971 fece conseguire a Riccardo Cucciola il premio come migliore attore per la sua ineccepibile e magnifica interpretazione di Nicola Vanzetti e, inoltre, assegnare nello stesso anno dal SNGCI (Sindacato Nazionale Giornalisti Cinematografici Italiani) tre nastri d’argento rispettivamente a Riccardo Cucciola come migliore attore, all’allora ventenne Rosanna Fratello (per l’interpretazione di Rosa Sacco) come migliore attrice esordiente, e a Ennio Morricone come migliore musica.  Il film, trasmesso sabato 18 agosto 2012 su Rai Movie, descrive la storia commovente di due italiani immigrati negli Stati Uniti, il calzolaio Nicola (Nick) Sacco e il pescivendolo Bartolomeo (Bart) Vanzetti, interpretato da Gian Maria Volonté, ambedue anarchici, che furono incriminati per rapina e omicidio nel 1921, ma condannati ingiustamente a morte, alla sedia elettrica, sei anni più tardi più per le loro idee politiche che per i delitti per i quali erano stati accusati. Montaldo è stato molto bravo a descrivere correttamente ed efficacemente il fatto storico affidando le due parti principali ad attori di grande valore artistico (Cucciola e Volonté) e usando il genere del documentario e cronachistico sia come informazione dell’evento, che ebbe una grande eco internazionale, sia come attestato di denuncia. Montaldo, che ultimamente è ritornato alla regia con il film “L’industriale” (2011) con Pierfrancesco Favino, altresì, è riuscito brillantemente a coinvolgere emotivamente lo spettatore soprattutto evidenziando l’ingiusta condanna che risalta soprattutto nelle parole di Vanzetti-Volonté: “Ho da dire che sono innocente. In tutta la mia vita non ho mai rubato, non ho mai ammazzato, non ho mai versato sangue umano, io. Ho combattuto per eliminare il delitto. Primo fra tutti: lo sfruttamento dell'uomo da parte dell'uomo. E se c'è una ragione per la quale sono qui è questa, e nessun'altra”. Ma Montaldo è riuscito  a trascinare lo spettatore passionalmente non solo esaltando la tragedia familiare che essa comportò nelle parole di Sacco-Cucciolla rivolte al figlioPerdonami bambino mio per questa morte ingiusta che ti toglie il padre quando sei ancora in tenera età. Possono bruciare i nostri corpi oggi, non possono distruggere le nostre idee!", ma anche mettendo  in evidenza la violenza e l’ingiustizia perpetrate dalle istituzioni pubbliche, che invece avrebbero dovuto garantire la giustizia e combattere la violenza, nelle parole di Vanzetti-VolontéMendicare la vita per un tozzo di pane è violenza. La miseria, la fame alla quale sono costretti milioni di uomini è violenza. Il denaro è violenza, la guerra... E persino la paura di morire che abbiamo tutti ogni giorno, a pensarci bene, è violenza”.
Il film per la prima volta affrontò il problema dei nostri emigranti negli Stati Uniti che è uguale a quello degli attuali immigrati “che arrivano lungo le nostre coste per cercare di dare dignità alla loro vita sfuggendo alla fame, alla miseria, alla sete, alla guerra, dalla morte e da tutto ciò che rende il loro paese di origine non vivibile”, descritto intelligentemente nel recentissimo film “Terraferma” di Crialese.
Belle le musiche di Ennio Morricone e la magnifica canzone di Joan Baez cantata nei titoli di coda.

martedì 7 agosto 2012

Nel film “Polisse” della regista Maiwenn la descrizione realistica e angosciante dei “child molester”.

Titolo: Polisse
Titolo originale: Poliss

Regia: Maïwen Le Besco

Sceneggiatura: Maïwen Le Besco, Emmanuelle Bercot

Produzione: Francia, 2011

Cast: Joey Starr, Karin Viard, Marina Fois, Nicolas Duvauchelle, Karole Rocher, Maïwen Le Besco, Emmanuelle Bercot, Frédéric Pierrot, Jérémie Elkaim,  Riccardo Scamarcio, Sandrine Kiberlain, Laurent Bateau, Louis-Do de Lencquesaing, […]

Polisse, è un film cronaca molto violento anche doloroso, duro e crudo come si suole dire, che indaga sul tema dei disturbi sessuali dell’infanzia e degli atti di violenza che gli adulti – uomini o donne - commettono attraverso atti sessuali sui bambini. Il film descrive, nel contempo, le azioni e i comportamenti assunti dai poliziotti di una brigata che tutela i diritti dei minori indagando sui reati che nonni, padri o madri commettono rispettivamente sui loro nipoti e figli.  Il film è stato presentato al Festival del Cinema di Cannes 2011ottenendo il Premio speciale della Giuria e la Palma d’Oro del pubblico e della critica. Brava, infatti, la trentaseienne regista Maïwen Le Besco (sposata con il regista Luc Besson da cui ha divorziato) che, affrontando un tema di tal natura molto delicato, non prende mai e a ragione posizioni moraliste. Si limita a descrivere e basta. Maïwen ha scritto la sceneggiatura del film assieme a Emmanuelle Bercot (con cui è socia nella Società di produzione MAI) ed ha saputo dirigere il film così bene che mescolando con equilibrio e con sagacia il genere fiction con il genere documentario, ha reso lo spettatore incapace, a volte, di distinguere l’uno dall’altro. E questa sembra una prerogativa di Maïwen oltretutto mostrata anche nel suo precedente film del 2009, Pardonnez-moi.
Il racconto di Polisse è realistico e meticoloso, per niente superficiale, e descrive non solo “l’inferno” dentro le mura domestiche in cui i bambini e le bambine si trovano a sopportare oggi a volte “con naturalezza”, ma anche certi propri anormali comportamenti sessuali che loro stessi ritengono sessualmente “normali”. Il racconto, inoltre, analizza anche le delicate indagini scrupolose che svolgono i vari poliziotti, uomini e donne, indagini che per la particolare peculiarità non li rende indenni da naturali nevrosi e da normali contrasti interpersonali che normalmente si formano nel mondo del lavoro e che vengono messi in risalto. Il film è molto ricco di attori e di attrici molto bravi che hanno saputo svolgere il loro ruolo alla perfezione. Tra di essi ci sono anche l’italiano Riccardo Scamarcio (Francesco, compagno di Melissa) a cui è affidata una parte secondaria e la stessa Maïwen che è quasi sempre presente dall’inizio alla fine del film, in quanto svolge la parte della fotografa Melissa che deve documentare le azioni della polizia.
 

giovedì 2 agosto 2012

Con il film Detachment il regista Tony Kaye descrive il dramma della gioventù moderna.

Titolo: Detachment (Il distacco)

Regia: Tony Kaye

Sceneggiatura: Carl Lund

Produzione: Stati Uniti, 2011

Cast: Adrien Brody, James Caan, Sami Gayle, Betty Kaye, Bryan Cranston, Christina Hendricks, Marcia Gay Harden,  Lucy Liu, Blyte Danner, […]


Ho trovato il film “Detachment” ottimo e molto interessante anche se proiettato in un cinema di Latina in un periodo inadatto, cioè a scuole chiuse. Un film che consiglierei, infatti, agli insegnanti e agli studenti, ma ancor prima di loro ai genitori, soprattutto a tutti quei genitori che difendono i propri figli a spada tratta e che, imprecando sulla scuola con violenza gratuita e ingiustificata, la denigrano a torto commettendo dei disastri irreparabili. È un film che non solo vuole evidenziare il fallimento della scuola statunitense (anche se penso che si possa adattare anche alla scuola italiana) ma vuole fare emergere sia gli errori prodotti da tutte le istituzioni pubbliche che a ragione dovrebbero sorreggerla, sia il disagio dei giovani, di cui ho già detto in un mio precedente articolo su Specchio quotidiano (www.specchioquotidiano.com)  “Disagio scolastico, l’importanza di una valutazione efficace (02/04/2012): “La parola disagio (dis-agio si ricava dal greco dys che vuol dire mancanza, e dal latino adiacens che vuol dire comodo) letteralmente vuol dire […] carenza di conforto. Sono diversi i fattori che determinano il disagio che si manifesta tra gli studenti della scuola secondaria superiore […]. Uno dei fattori determinanti il disagio è il rapporto che lo studente ha con il proprio corpo: la preoccupazione di diventare obeso stabilisce una relazione tra la propria immagine e il comportamento alimentare che spesso sfocia nella anoressia o nella bulimia. Poi c’è il rischio molto elevato di dipendenza da internet. Oggi gli studenti utilizzano molto il computer per navigare nel mondo di internet che fornisce una risposta a tutto (basta cercarla!) e quindi toglie la voglia di ragionare e di conseguenza di pensare, di riflettere e di apprendere. In definitiva di maturare.[…] O l’avere genitori che non ascoltano i problemi, che non chiedono, che non dialogano o che non mostrano interesse per i propri figli può determinare mancanza di volontà e negligenza […]”.
Questo film del regista Tony Kaye inizia facendo citare dal protagonista Henry Barthes (Adrien Brody) una frase di Albert Camus che ne rappresenta l’incipit congruo e concreto : "non mi sono mai sentito allo stesso tempo cosí distaccato da me stesso e così presente nella realtà". Barthes viene chiamato come supplente per un mese a insegnare nella classe di un liceo di periferia di una citta statunitense dove il degrado culturale e sociale si manifesta negli adolescenti violenti, allo sbando e senza prospettive, che si avviano irreversibilmente verso l'emarginazione sociale grazie ad una società e a una famiglia che piuttosto che dialogare e supportare il delicato compito educativo della scuola e dei suoi insegnanti attaccano, anche se in modi diversi,  questa istituzione vanificando la funzione che essa ha per l’educazione e per la costituzione e la salvaguardia di una società civile. Vani risultano a tutto questo le contrapposizioni e gli impedimenti posti dalla preside Carol Dearden (Marcia Gay Harden), o dai “prof.” Sarah Madison (Christina Hendricks), Sealboldt (James Caan), Perkins (Blythe Danner) e altri, o dalla psicologa della scuola la dott.ssa Parker (Lucy Liu), i quali, dopo aver lottato per tanti anni contro “un muro di gomma”, si sentono impotenti e frustrati, e preferiscono, rassegnati e demotivati, “vivere alla giornata” sopportando passivamente la situazione catastrofica e caotica in cui si trovano ad operare. L’unico che si distingue in questo stato di cose drammatico e disastroso dove il caos sia esteriore che interiore impera è il professore precario Barthes, che provenendo da una situazione familiare sfortunata e infelice (la madre abbandonata dal marito è morta suicida, e lui rimasto orfano all’età di sette anni viene accudito dal nonno, interpretato da Bryan Cranston, che demente si trova ricoverato in una casa di cura), è ben temprato a sopportare la violenza non solo verbale degli studenti e ad affermare quei valori che sono andati perduti citando, tra l’altro, il significato del “bipensiero” (secondo il quale tutto può farsi e disfarsi, come la volontà e la capacità di sostenere un'idea e di contraddirla consapevolmente, per  rimanere conformi al sistema politico, dimenticando nel contempo il cambio di opinione) dell’angosciante e profetico romanzo “1984 di George Orwell, o affermando principi significativi ed educativi come “non è indispensabile essere forti, sai? … quello che conta davvero è che molte persone mancano di consapevolezza… perché ne incontrerai sempre…a qualsiasi età”, oppure "ci serve almeno un appiglio che ci permetta di fronteggiare la complessità del mondo reale. Non parlo di un appiglio astratto, ma di un aiuto vero. Noi tutti, se potessimo, ci eviteremmo la battaglia per riuscire ad essere qualcosa e venir fuori dall'implacabile disagio che ci accompagna…". La differenza di Barthes dai suoi colleghi si evidenzia sin dal primo momento che entra in classe. Il distacco, appunto, e l’impassibilità emotiva posseduti e mostrati gli permettono di acquisire sia il rispetto sia la partecipazione degli studenti più difficili. Tra questi Meredith (Betty Kaye) che, dotata di una notevole sensibilità artistica e passione per la fotografia, è afflitta a causa delle umiliazioni subite dai compagni e da suo padre riguardo la sua obesità e il suo interesse artistico. Nel tentativo di comunicare il proprio travaglio al suo amato professore gli mostra una foto in cui lo ritrae in una classe vuota senza volto cioè come una non persona come egli stesso dirà di essere in seguito alla sua collega Sarah. Barthes cerca di consolarla respingendo nel contempo le effusioni di Meredith la quale, credendo di essere respinta anche dall'unica persona che lei stima, la fa finita. Henry comprende che questo suo comportamento da "distaccato" è non vita e, in seguito ad una notevole afflizione, decide di cambiare, come fa il porcospino schopenhaueriano, andando a trovare Erica (Sami Gayle), una giovanissima prostituta, la quale gli si era affezionata avendola tolta dalla strada e facendole comprendere pragmaticamente il significato di attaccamento, ma dalla quale precedentemente si era "distaccato". Un film “nudo e crudo” da mozzafiato, dai connotati che rasentano una vena romantica, da cui emerge la descrizione di una società violenta attualissima che crea nei giovani un senso di insicurezza e di continuo stress psicologico utilizzato per fare accettare qualunque decisione politica ed economica. Come sosteneva Milton Friedman, la delineazione di una società che annulla la personalità e toglie ogni sentimento ai giovani che non mostrando alcuna  reattività ai cambiamenti, secondo la teoria darwiniana, sono destinati a soccombere. Un film  terribile, angosciante,  che sembra, in alcuni tratti, del genere horror, e che invece descrive la realtà della gioventù americana. Un film che il regista Tony Kaye ha diretto magistralmente, anche se con un’esperienza di spot pubblicitari, dove tutti gli attori mostrano evidente bravura e dove Adrien Brody, Oscar (2002) per la brillante interpretazione de “Il pianista” di Roman Polanski, riesce a immedesimarsi brillantemente con forza e sagacia .  Detachment” è uno di quei film che vanno rivisti più volte per la sua bellezza e originalità e per risentire tutto ciò che viene detto e descritto.