var _gaq = _gaq || []; _gaq.push(['_setAccount', 'UA-26218038-5']); _gaq.push(['_trackPageview']); (function() { var ga = document.createElement('script'); ga.type = 'text/javascript'; ga.async = true; ga.src = ('https:' == document.location.protocol ? 'https://ssl' : 'http://www') + '.google-analytics.com/ga.js'; var s = document.getElementsByTagName('script')[0]; s.parentNode.insertBefore(ga, s); })();

lunedì 27 febbraio 2012

“Com'è bello far l'amore” di Fausto Brizzi insegna come può salvarsi un matrimonio



Titolo: Com'è bello far l'amore
Regia: Fausto Brizzi
Sceneggiatura: Fausto Brizzi, Marco Martani, Andrea Agnello
Produzione: italia, 2012
Cast: Claudia Gerini, Filippo Timi, Fabio De Luigi, Giorgia Wurth, Virginia Raffaele, Lillo Petrolo, Alessandro Sperduti, Eleonora Bolla, Michele Foresta, Michela Andreozzi, Margherita Buy, […]

Il regista Fausto Brizzi in questo film ha manifestato ormai quel consolidato estro che, con la Notte prima degli esami (2006) e con il successivo la Notte prima degli esami – oggi (2007), gli ha permesso di ricevere nel 2007 l’ambito premio David di Donatello come Migliore Regista Esordiente. Non è adatto per i ben pensanti questa commedia, dal titolo pleonastico Com'è bello far l'amore, che descrive i consueti comportamenti che le persone assumono, siano essi mariti o mogli o figli, nell’attuale realtà familiare quotidiana. La presenza nel cast di un’attrice come Claudia Gerini, fa ricordare per una certa affinità e analogia quel famolo strano del film Grande, grosso e Verdone (2007) di Carlo Verdone, senza però mai cadere nella volgarità, la quale invece viene schernita e ridicolizzata. Pur affrontando un tema particolare, quello del sesso tra coniugi ma anche quello tra giovani, tema che se non fosse trattato oculatamente e con magistralità potrebbe trascendere facilmente nella sconcezza e nella oscenità, il regista ironizza con acutezza e perspicacia su certi comportamenti maschili che potrebbero apparire scandalosi o addirittura suscitare la permalosità di tutte quelle persone che spesso ipocritamente assumono posizioni moraliste o che si scandalizzano di fronte a certe scene che sono poca cosa di fronte a taluni spettacoli televisivi. Si descrive nel film, da una parte, il calo della mascolinità dell’uomo moderno e dei molteplici squallidi espedienti a cui questi può ricorrere per mostrare tutta la sua virilità e, dall’altra parte, il mutato comportamento della donna che ha indebolito la sua femminilità, che dovrebbe essere espressione di dolcezza, tenerezza, grazia, fascino, bellezza, charme. Cause queste che portano nella maggior parte dei casi dei matrimoni i coniugi ad una pausa di riflessione, preludio ineluttabile della relativa rottura. Cause che possono avere origine anche da una acquisita quotidianità abitudinaria, dalla perdita di fantasia nel rapporto, dalla consolidata refrattarietà delle relazioni affettive, dalla non cura di quel sentimento sublime che è l’amore. Per ovviare a tutto questo bisognerebbe affidarsi ad una duratura correlazione creativa tra i coniugi amanti così come è descritto, ad esempio, nel romanzo Il cercatore di tramonti (ed. Il foglio): [...] Il desiderio ardente, che si era manifestato contemporaneamente nei due amanti quella notte, li indusse in modo minuzioso accurato preciso a ricercare ogni minimo particolare dell'azione amorosa. La passione li travolse a tal punto che i due innamorati provarono, senza stancarsi neppure per un attimo, giochi amorosi soliti ma soprattutto insoliti. E più i giochi d’amore erano improvvisati tanto più focosamente e impetuosamente li azzardavano, ne assaporavano il gusto e li ripetevano. Fu una notte fantastica quella notte. Non ci fu niente di premeditato, e per questo essa risultò veramente autentica e originale. Dalla letizia prodotta dal rapporto si era generato l’amore.
Non si può quindi addossare la colpa ad uno solo dei coniugi se il matrimonio va a rotoli. Perché il rapporto duri ciascuno dei due coniugi deve inventarsi cose nuove, deve essere trasgressivo disinibito spregiudicato, deve rinnovarsi continuamente sia nei comportamenti che nei modi di dire, deve trovare quella vena romantica che, oggi, purtroppo, è stata relegata nei viluppi del conformismo e del pressappochismo, nei dedali della moda e, quindi, nella foggia del pensiero unico o ancora nei meandri dell’omologazione sociale. Se gli altri lo fanno lo posso fare anch’io, anzi lo faccio anch’io! - è questo l’orientamento comunemente diffuso. Perché il matrimonio duri per tutta la vita bisogna smetterla, inoltre, di piangersi addosso e di farsi influenzare dagli altri e dai media. Se le cose vanno male la colpa è di ambedue i coniugi che non hanno la forza di combattere assieme contro tutti i mali e i condizionamenti che provengono dall’esterno.
Abile dunque il regista Fausto Brizzi perché è riuscito a confezionare un bel racconto senza cadere nel cattivo gusto, dove la figura del bravo Filippo Timi (il pornodivo Max) appare prorompente su tutti gli altri attori ma non essenziale. Soddisfacente l’interpretazione di Claudia Gerini (Giulia), mentre quella di Fabio De Luigi (Andrea) appare scarna e tirata.



venerdì 24 febbraio 2012

L’umanità osannata nel film “Paradiso amaro” di Alexander Payne



Titolo: Paradiso amaro
Regia: Alexander Payne
Produzione:USA, 2011
Cast: Gorge Clooney, Shailene Woodley, Robert Forster, Judy Greer, Beau Bridges, Mattew Lillard, Nick Krause, Amara Miller, […]

Ho scritto e pubblicato la recensione di questo film straniero sul questo blog del cinema italiano in quanto l’argomento che affronta e i personaggi che agiscono attorno ad esso sono universali e anche perché, anche se è ambientato nelle isole Hawaii, riguarda noi tutti da vicino. Non solo queste isole ma tutto il mondo, infatti, può risultare per ciascuno dei suoi abitanti con le proprie ansie, con i propri comportamenti, con i propri errori, con le proprie gioie e i propri dolori, un “paradiso amaro”. Questo film diretto da Alexander Payne, grande regista del neorealismo americano, di cui non posso dimenticare il bellissimo A proposito di Schmidt interpretato dal magnifico attore Jack Nicholson, descrive una storia umana tra tante storie umane, quella di una famiglia come molte altre costituita da marito (George Clooney), moglie e due figlie, la stravagante Alexandra (Shailene Woodley) e la disorientata Scottie (Amara Miller). La narrazione degli eventi, che si susseguono nel film e che coinvolgono tutti i componenti di questa famiglia, è fatta con un sottile velo di ironia che strappa sorrisi anche quando si dovrebbe piangere o quanto meno si dovrebbe stare afflitti. Payne origina, infatti, nello spettatore con il susseguirsi di situazioni inaspettate (così come avviene nello scorrere naturale della vita di ognuno di noi) un dispiacere misto ad ilarità perché così è la vita: alcune circostanze tragiche a volte sono così particolari che trascendono nel comico.
Payne realisticamente cerca di dare delle risposte a certe domande prodotte da contesti che possono sembrare assurdi, in cui si potrebbe trovare una persona qualsiasi.
Come si dovrebbe comportare un marito che scopre, mentre la moglie è già in coma irreversibile, che questa lo ha tradito con un altro uomo?
Come si dovrebbe comportare un marito nei confronti dei parenti e degli amici sapendo che la moglie morente, ormai in stato vegetativo, ha fatto un testamento biologico?
Come si dovrebbe comportare un padre nei confronti delle figlie ancora minorenni e dalle condotte non normali, di cui si è sempre disinteressato per aver messo il lavoro al primo posto?
Come si dovrebbe comportare un padre nei confronti delle figlie che usano un linguaggio scurrile e non seguono i canoni di un’educazione corretta per essere state trascurate?
Come di dovrebbe comportare un uomo di affari quando scopre che l’uomo (Mattew Lillard) che ha avuto la relazione amorosa con la moglie è uno che dovrebbe avere lauti guadagni da una transazione di cui egli è il deus ex machina?
Come si dovrebbe comportare un padre, rimasto vedovo, nei confronti delle figlie?

A tutte queste domande Payne cerca di rispondere concretamente, con oculata destrezza e con particolare abilità, mettendo in risalto soprattutto l’aspetto profondamente umano di ogni individuo con tutti i suoi pregi e i suoi difetti.
Il film esprime tanta umanità e affronta questioni un po’ particolari che ci riguardano da vicino, come quello dei figli abbandonati a loro stessi perché i genitori si disinteressano della loro educazione, o come quello del testamento biologico, o come quello di dare un senso alla vita e della vita stessa, o, ancora, come quello del sentimento, fulcro essenziale dei rapporti affettivi.

Gorge Clooney dimostra di essere un grande attore maturo e anche gli altri attori, tra cui Robert Forster, Judy Greer e Beau Bridges, hanno mostrato di saper fare il loro mestiere.


Fonti:
http://www.mymovies.it/film/2011/thedescendants/poster/

giovedì 16 febbraio 2012

Niente di nuovo nel film “Benvenuti al Nord” di Luca Miniero





Titolo: Benvenuti al Nord
Regia: Luca Miniero
Produzione: Italia, 2012
Cast: Claudio Bisio, Alessandro Siani, Angela Finocchiaro, Valentina Lodovini, Paolo Rossi, Nunzia Schiano, Nando Paone, Giacomo Rizzo, […]

Dal film francese Giù al Nord di Dany Boon nasce una serie di film comici di Luca Miniero: dopo Benvenuti al sud, è stata la volta di Benvenuti al Nord, e prossimamente di Benvenuti all’Est?


Benvenuti al Nord, una commedia a tratti divertente, a tratti, pur avendo la pretesa di divertire, monotona. Così come mi è apparsa quella raccontata nel recentissimo film Bar sport di Massimo Martelli.


Come ho già scritto per Benvenuti al sud, anche questo film presenta connotati adattati alla realtà italiana, dove vengono messi in risalto e alla berlina i luoghi comuni che contrappongono i “polentoni” ai “terroni”, il popolo “padano” a quello meridionale. Non riesce a far ridere spesso perché le idee nuove che il regista mette in campo risultano scontate o ripetitive. Senza dubbio il tema di fondo risulta importante e interessante in quanto, proprio nell’ambito del centocinquantesimo anniversario dell’Unità d’Italia, rimarca ancora una volta con allegria non solo l’unità nazionale ma anche il carattere che accomuna gli italiani, al di là delle diversità comportamentali e dei diversi modi di pensare e di agire: l’operosità e lo zelo settentrionali che tolgono umanità e indulgenza agli individui contro l’oziosità e la fiacca meridionali che invece ne risaltano la benevolenza e la cordialità. Diversità che alla fin fine cercano di raggiungere lo stesso obiettivo anche se con velocità diverse. Bisio e Siani e anche Angela Finocchiaro, anche se manifestano la solita bravura scontata, appaiono ripetitivi, mentre Paolo Rossi, che indossa le vesti del dirigente delle Poste Italiane che vuole applicare, da nord a sud, il Metodo dell’ad della FIAT Marchionne, è l’unica nota nuova e gradita del film. Azzeccata la canzone Nel blu dipinto di blu cantata dalla incantevole e bravissima Emma. Bellissima come sempre la prosperosa Valentina Lodovini con i suoi occhi sempre sorridenti.


martedì 14 febbraio 2012

Il cuore grande di una donna è magnificato nel film “La prima cosa bella” di Paolo Virzì



Titolo del film: La prima cosa bella
Regia: Paolo Virzì
Produzione: Italia, 2010
Cast: Micaela Ramazzotti, Valerio Mastandrea, Stefania Sandrelli, Claudia Pandolci, Marco Messeri, Sergio Albelli, Fabrizia Sacchi, Fabrizio Brandi […]






Con questo film il regista Paolo Virzì mette in campo non solo la ridondante ed esuberante bellezza della moglie Micaela Ramazzotti in un bel tandem originalissimo e riuscitissimo con la valente Stefania Sandrelli, ma risalta e sfrutta in pieno le sue doti di grande attrice estroversa. Il film narra la storia di Anna che fugge dal marito violento Mario Michelucci (Sergio Albelli), portando con sé di nascosto i figli Bruno e Valeria. Purtuttavia il marito riesce a riavere i figli e Anna rimane sola ad affrontare la vita prendendo smacchi da tutte le parti alternati da profonde delusioni. Anna è una donna vivace estroversa briosa gioviale che anche quando le cose le vanno male non si perde d’animo e sa ridere e cantare. Anche quando viene colpita, durante vecchiaia, da una terribile malattia riesce a sorridere. Anna affronta, quindi, le molteplici peripezie che la vita le presenta, non si scoraggia e manifesta per i figli un amore eccezionale ai quali cerca di supplire la mancanza del padre fintantoché rimangono con lei. Parafrasando in parte il titolo del film, a mio parere, la cosa più bella che sia riuscita a costruire il regista è stata l’omogeneità espressiva e intensa della Ramazzotti e della Sandrelli, che hanno indossato le vesti dello stesso personaggio anche se in età diversa: Micaela Ramazzotti impersona Anna Nigiotti giovane, e Stefania Sandrelli personifica Anna Nigiotti adulta.
Una commedia intelligente, ironica e divertente, piena di piacevole humour, pervasa di un grande e significativo insegnamento necessario al tempo d'oggi: trasmette allo spettatore quella vena di ottimismo che è necessario possedere anche nei momenti più tristi e grigi della vita.
Bravi tutti gli altri attori, soprattutto Valerio Mastandrea (Bruno adulto).




Fonti:

venerdì 10 febbraio 2012

Nel film A.C.A.B. di Stefano Sollima la violenza è fine a se stessa.

Titolo: A.C.A.B. - All Cops Are Bastards
Regia e sceneggiatura: Stefano Sollima
Produzione: Italia, 2011
Cast: Pierfrancesco Favino, Marco Giallini, Filippo Nigro, Domenico Diele, Andrea Sartoretti, Roberta Spagnolo, [...]





A.C.A.B., acronimo di All Cops Are Bastards, che tradotto vuol dire Tutti i poliziotti sono bastardi, è un film tratto dal libro omonimo del giornalista di “la RepubblicaCarlo Bonini. La sceneggiatura e la regia sono di Stefano Sollima, il quale nella conduzione di questo film manifesta tutta la sua esperienza maturata nella realizzazione di documentari bellici e in quella di serie tv di matrice poliziesca. Il film nella descrizione degli scontri manifestanti-polizia, infatti, sembra un documentario, tanto vicina alla realtà è la loro ricostruzione scenografica, e affronta fatti di cronaca quotidiana relativi al modo di pensare e agire dei poliziotti delle squadre mobili, detti appunto celerini, che si autodefiniscono con un tormentone da loro stessi cantato celerini, figli di puttana!. Modo di pensare e di agire che omologa i loro comportamenti a quelli di un branco fino a farli credere fratelli e indurli a darsi dei soprannomi che lasciano intendere la loro visione del mondo: Cobra (Pierfrancesco Favino), Negro (Filippo Nigro), Mazinga (Marco Giallini). Questi appellativi, infatti, fanno intuire quanto influisca dal punto di vista psicologico l’appartenenza ad una squadra atta ad affrontare una folla di manifestanti, siano questi scioperanti o tifosi, clandestini o sfrattati, in maniera irruente e a volte anche cruenta, al fine di sedarla o comunque disperderla. L’incidenza è tale che i diversi componenti della squadra agiscono nel difendere le istituzioni più per rabbia e per odio che per rispetto dell’ordine pubblico. Lo fanno con una prepotenza e una violenza talmente elevate da far paura come se gli indigenti contro cui agiscono siano loro nemici personali. Lo fanno senza manifestare di possedere la minima idea di ciò che significa valore e azione democratici. Mentre, in effetti, anche loro vivono e soffrono di condizioni simili a tutti coloro che vestono le vesti di chi reclama il rispetto dei propri diritti e che lottano per la salvaguardia di questi: agiscono, ad esempio, contro gli sfrattati anche quando loro stessi sono stati sfrattati o contro gli estremisti anche quando hanno dei figli intransigenti. La loro predisposizione a svolgere questo lavoro allude ad una mentalità ti stampo fascista (in casa di Cobra, ad esempio, c’è una foto del Duce appesa al muro) per l’uso di mezzi e metodi violenti con efficacia momentanea però. Violenza in una società violenta, dunque. Violenza genera violenza purtroppo, tant’è che anche dall’altra parte si ricorre a metodi di ugual natura nel senso che chi viene ritenuto vittima diventa carnefice.




Da questo modo di essere e di agire, tuttavia, si distacca il celerino Adriano (Domenico Diele) il quale, a differenza di tutti gli altri sprovvisto di soprannome, vedendo e vivendo situazioni da lui non condivisibili abbandona la squadra. Ciò dimostra che non tutti i poliziotti la pensano allo stesso modo. Con questo film, che ha chiari riferimenti socio-politici attualissimi, Sollima non prende posizione ma descrive come un vero cronista ciò che succede ogni giorno in qualunque parte d’Italia tra manifestanti e polizia.

Fonti:
http://www.mymovies.it/biografia/?r=22413
http://www.mymovies.it/film/2011/acab/poster/

mercoledì 1 febbraio 2012

Il panteismo raccontato nel film “Una vita nel mistero” di Stefano Simone.





Titolo: Una vita nel mistero

Regia, fotografia e montaggio: Stefano Simone

Soggetto e Sceneggiatura: Emanuele Mattana

Musiche originali: Luca Auriemma

Costumista: Dora De Salvia

Produzione: Jaws Entertainment, Italia, 2010

Cast: Tonino Pesante, Dina Valente, Francesco Granatiero, Don Antonio D’Amico, Cosimo S. Del Nobile, Lello Castriotta, Amilcare Renato, Grazia Orlando, Sabrina Caterino […]



Questo film rappresenta il primo lungometraggio con il quale il bravo e giovane regista promettente Stefano Simone ha esordito (2010) con appiglio straordinario, sobrio ed essenziale nel Cinema italiano. Così come farà col successivo Unfacebook (2011), Stefano Simone conduce questa pellicola in modo sui generis, precisamente in stile horror, dove la suspense è alternata da situazioni che suscitano attese ansiose miste ad angosce, anche se il tema affrontato non ha niente a che vedere con questo stile, e dove i dialoghi sono ridotti all’essenziale. Le sequenze di immagini accompagnate dalle musiche di Luca Auriemma contribuiscono in modo magistrale a tenere con il fiato sospeso e in continua attesa di eventi e di spiegazioni lo spettatore. Ogni scena, ogni parola, ogni movenza e ogni gesto sono studiati all’uopo nei minimi particolari. Ogni cosa del film dunque desta attenzione.

Il film presenta diverse chiavi di lettura su un fatto realmente accaduto e del quale chi frequenta i luoghi di padre Pio (Petralcina, s. Giovanni rotondo) sicuramente ne avrà sentito parlare. Una chiave di lettura è quella religiosa.


Il titolo Una vita nel mistero, infatti, fa presagire per i credenti la storia di una vita salvata per miracolo, parola questa che dal latino miraculum indica qualcosa di meraviglioso, un evento straordinario avvolto appunto nel mistero, di cui è difficile individuarne la causa, attribuendogli per questo l’origine divina. La stessa citazione di Blaise Pascal all’inizio del film Il cuore ha le sue ragioni che la ragione non conosce sta a dimostrare questo. Mentre la frase detta dal protagonista Angelo Sormani (Tonino Pesante) La vita è un mistero per trovare una giustificazione bisogna aver fede assieme alla recita della poesia “Novembre” di Giovanni Pascoli: Gemmea l'aria, il sole così chiaro/che tu ricerchi gli albicocchi in fiore,/ e del prunalbo l'odorino amaro/ senti nel cuore.../ Ma secco è il pruno, e le stecchite piante/di nere trame segnano il sereno,/ e vuoto il cielo, e cavo al piè sonante/sembra il terreno./ Silenzio, intorno: solo, alle ventate,/ odi lontano, da giardini ed orti,/ di foglie un cader fragile. È l'estate/ fredda, dei morti, documentano le concezioni che la felicità è un'illusione e che sulla vita breve gravano tristezza, solitudine e morte.
Per i razionalisti, invece, è considerato miraculum un evento di cui l’uomo in quel momento non sa spiegarsi la causa in quanto non ne conosce le leggi che lo hanno determinato. In termini spinoziani, inoltre, rispetto a questi eventi eccezionali richiamarsi alla volontà divina vuol dire ammettere i limiti della conoscenza umana, o meglio manifestare apertamente l’ignoranza umana. Due posizioni dunque contrapposte che vengono trattate anche nei dialoghi tra una credente e un ateo di cui è permeato il romanzo Il cercatore di tramonti (2011).

Il tema, quello religioso appunto, affrontato dal regista in questo film, a causa di ciò non è dei più facili da discutere e da far comprendere ad una cerchia di spettatori soprattutto a quella degli agnostici e dei non credenti. Tuttavia la bravura di Simone sta proprio in questo. Egli riesce a condurre il film in maniera tale da farlo “digerire” anche agli spettatori più scettici in tema di miracoli perché egli perviene alla descrizione della posizione fideista in maniera acritica, distaccata, dove la fede ha la meglio sulla ragione, nel senso che la fede potrebbe essere un rimedio ai mali di cui non se ne conosce la causa e vuole raccontare, riuscendoci in pieno, acriticamente l’evento così come è divulgato per vox populi.
In questa chiave di lettura religiosa, tuttavia, il film tocca il panteismo, che dal greco significa Tutto è Dio, con cui si vuole identificare la divinità con la natura. Piante e fiori diventano quasi attori del film in quanto opere di Dio. E ciò si coglie quando il protagonista del film Angelo fotografa le immagini più significative, spettacolari e sensazionali con la convinzione che Dio tramite la Natura gli offre, e con le quali Dio gli vuole dare delle indicazioni ben precise sul succedersi degli eventi. O anche quando lo stesso protagonista passeggia immerso in un florido campo verde accarezzato dagli alti steli di fieno mossi dal vento. Immagini bellissime e anche suggestive, ma soprattutto profondamente significative.

Si può leggere il film anche in chiave psicologica: il protagonista la cui indole è predisposta verso l'autosuggestione ha la piena convinzione che con la fede possa risolvere il problema che lo assilla: la guarigione della moglie Antonietta (Dina Valente) affetta da un tumore che le lascia non più di due mesi di vita. La stessa autosuggestione gli fa antropomorfizzare le forme di alcuni corpi che gli si presentano innanzi, come le nuvole o la mollica di pane che assumono la forma di padre Pio o ancora il fazzoletto che assume la forma di angelo. Oppure la stessa autosuggestione che lo lascia perplesso di fronte ad altri fatti per lui inspiegabili come la goccia di caffè che prende la forma di cuore, o il pendolo dell’orologio che si ferma improvvisamente, o la candela accesa la cui fiamma si spegne senza motivo, o ancora la tenda che si muove senza che ci fosse un alito di vento, o il giornale che si sfoglia autonomamente fermandosi, o, infine, il telefono che squilla a vuoto.

Un’altra chiave di lettura è anche quella dell’amore che permea il film per tutta la sua durata, in cui si delinea la continua lotta del bene contro il male, tant’è che quando Angelo fa vedere la foto della nuvola, che raffigura padre Pio, al prete (Don Antonio D’Amico), questi ne coglie anche le sembianze del diavolo: Dio è ovunque - afferma. Ma anche il male.
Esiste, infine, nel film l’insegnamento del do ut des (un valore) nel senso che chi dà prece riceve grazia, chi crede sarà gratificato, chi è generoso sarà ricompensato, chi ama sarà amato. In definitiva, chi dà in un modo o nell'altro riceverà qualcosa in cambio.

Fonti:
http://www.ilfoglioletterario.it/catalogo_narrativa_il_cercatore_di_tramonti.htm
http://www.wikipedia.it/