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giovedì 24 novembre 2011

I fattori che inibiscono gli impulsi vitali e di crescita dei giovani nel film “La kriptonite nella borsa” di Ivan Cotroneo






Anch’io “quando ero piccolo” – parafrasando al maschile la canzone cantata (1968) dalla grandissima Mina nel film – leggevo il fumetto di Superman e mi dispiacevo ogni volta che questo simpatico supereroe perdeva i suoi superpoteri per la vicinanza del minerale immaginario “kriptonite” originario del suo pianeta natale Kripton. Questo è anche il nome di un elemento chimico (gas nobile) che in greco antico significa “nascosto”. E non è stato un caso la scelta di questo nome: la “kriptonite”, anche se “nascosta” purché vicina, agisce da inibitore, che è una sostanza che blocca l’azione di un catalizzatore, un’altra sostanza che, invece, aumenta la velocità di una reazione chimica.

In una Napoli effervescente di colori, di balli e di musica, come il Sirtaki (la cui musica venne composta nel 1964 da Mikis Theodorakis per il film Zorba il greco, interpretato dall’insuperabile Anthony Quinn), che rimase per molto tempo nella fantasia degli spettatori, dove il ritmo aumenta passo dopo passo, si susseguono e si intrecciano le vicende di questo film d’esordio del regista Ivan Cotroneo che usa la "kriptonite" come metafora per evidenziare che ognuno di noi può comportarsi nella vita come un supereroe fino a quando i suoi sentimenti non vengono inibiti, repressi, soffocati, frenati, dominati, quei sentimenti e quei pensieri che catalizzano il nostro modo di essere e fanno esplodere tutta la nostra vitalità e l’entusiasmo che è in noi.
Ivan Cotroneo per fare questo sceglie la famiglia ed un periodo storico della nostra società - i primi anni settanta, conseguenti agli anni sessanta o meglio al sessantotto -, in cui i fermenti impetuosi, i fervori passionali, le inquietudini giovanili, le novità effervescenti, l’amore libero, l’incipiente femminismo e le prime esperienze morfeiche affidate all’acido lisergico sintomatico di realistiche illusioni, avevano creato nei giovani delle aspettazioni e delle speranze che purtroppo - come si è visto poi - sono state inibite, represse, oppresse, impedite, ostacolate.
Il regista fa ciò in diversi modi e da diverse angolature, srotolando la pellicola sulle vicende che si svolgono attorno al simpatico bambino Peppino, protagonista predominante del film (Luigi Catani), figlio di Rosaria (Valeria Golino) e di Antonio (Luca Zingaretti). Il regista, infatti, lo fa mostrando inizialmente le fisime ossessive di Gennaro (Vincenzo Semolato) che credendosi un supereroe muore finendo sotto un tram. Il regista lo fa anche capire descrivendo come la serenità familiare possa essere repressa quando la moglie Rosaria scopre che il marito Antonio la tradisce ed entra in depressione mandando all’aria tutto e affidandosi alle cure del valente psichiatra Matarrese (Fabrizio Gifuni). La vergogna conseguente al tradimento e non il tradimento in sé è la fissazione struggente della donna, particolare bizzarro.
Il regista usa, in quel contesto, come appassionante cornice, la canzone di Mina “Quand'ero piccola/ dormivo sempre al lume di una lampada/ per la paura della solitudine/ paura che non mi ha lasciato mai/ nemmeno adesso che sei qui/ e dormi accanto a me/ ma sento che i tuoi sogni ti allontanano/ perché per quelli che si amano/ non c'è, non c'è/ lo stesso sogno da sognare in due…” che suscita negli spettatori istintive emozioni e, in quelli di una certa età, anche nostalgici ricordi. E proferisce con le note della canzone di Peppino di Capri Nun è peccato (1964) - “Si mme suonne 'int''e suonne che faje,/ nun è peccato!.../ E si, 'nzuonno, nu vaso/ mme daje.../ nun è peccato!.../ Tu mme guarde cu ll'uocchie 'e passione,/ io te parlo e mme tremmano 'e mmane.../ e si chesto pe' te nun è bene,/ mme saje dicere 'o bbene ched è?/ Si 'sta vocca desidera 'e vase.../ nun è peccato!/ Ma vestímmolo 'e vita stu suonno/ che 'a freve ce dá.../ E tu abbràcciame,/ cchiù forte astrìgneme.../ pecché 'ammore/ ca siente pe' me,/ peccato nun è!...” - come certi stereotipi inibiscano i sentimenti: l’innamoramento della giovane Titina (Cristiana Capotondi) con un giovane portatore di un handicap fisico inibito dal timore che per questo non possa essere accettato dal padre Vincenzo (Sergio Lolli) e dalla madre (Nunzia Schiano), oppure la frenetica ricerca sfrenata di un fidanzato da parte della zitella Assunta (Monica Nappo) che caparbiamente riesce a trovare Arturo (Massimiliano Gallo) ma che si vergogna di presentarlo ai genitori perché poveri.



Bellissime scene rendono ancora più suggestivo e più stimolante il film, tra cui quella del ballo del Sirtaki in una cornice di colori dinamicamente ritmati o quella degli ombrelli di color nero che muovendosi all'unisono e compattamente nascondono completamente il fluire mesto del funerale di Gennaro. E non mancano scene che portano lo spettatore a riflettere sullo stato delle istituzioni fondamentali che sono preposte all’educazione di un bambino: il piccolo Peppino pone nelle tre madri, quella che lo ha generato e che lo accudisce (che rappresenta la famiglia), la maestra (che rappresenta la scuola) e Maria vergine (che rappresenta la religione) delle basi fisse di riferimento essenziali per il suo sviluppo intellettuale e la sua crescita ma purtroppo, col susseguirsi delle vicende che lo hanno interessato e anche afflitto, le cancella via via definivamente dalla prima fino all’ultima, acquisendo nel contempo quegli stereotipi che gli bloccano una libera maturazione psichica e gli conferiscono frustrazioni e delusioni.
Un plauso al regista Ivan Cotroneo che in questo film affronta problemi sociali attuali e agli attori che con la loro bravura fanno sorridere lo spettatore. (Francesco Giuliano)







"La prima cosa bella" Virzì commuove con una commedia dal cuore italiano.

"La prima cosa bella", è un film diretto da Paolo Virzì, uscito nelle sale cinematografiche nel 2010. La sceneggiatura è stata scritta insieme a Francesco Bruni e Francesco Piccolo. La produzione oltre ai fratelli Virzì ha visto coinvolto anche Gabriele Muccino. Il film oltre ad essere stato canditato alla notte degli Oscar come miglior film straniero, ha vinto 3 David di Donatello, 4 nastri d'Argento, Alabarda d'Oro 2010, premi IOMA 2010 e trofeo Ciack al Festival del Cinema di Salerno.
Virzì torna nella sua Livorno per raccontarci la storia di Anna, donna libera, anticonvenzionale, disponibile verso la vita e le persone, intensa al punto da suscitare tanto amore quanto odio da chi la circonda e la ama. I figli, Bruno e Valeria Michelucci oramai adulti, vivono ancora intrappolati in un'infanzia irrisolta messa in ombra da una madre ingombrante. Iniziano così frammenti tra passato e presente della vita di Anna (interpretata in gioventù da un'affascinante Micaela Ramazzotti e da una più dolce Stefania Sandrelli in età adulta) che colpita da un male terminale, continua ancora ad inebriare la vita di chi la circonda, senza temere il tempo, portando i figli a una riconciliazione con le proprie vite.

Virzì continua a farsi portavoce della commedia italiana, quella che racconta stralci di vita vera, dove i personaggi sono alla continua ricerca di un posto nel mondo, ma che come un "uovo sodo" non vanno nè su nè giù". Il ruolo del figlio inadeguato e insoddisfatto travolto dal temperamento madre fin da bambino è meravigliosamente interpretato da Valerio Mastrandrea (Bruno), mentre la solare e spligliata sorella è interpretata da Claudia Pandolfi (Valeria).
La fotografia, diretta da Nicola Percorini, gioca un ruolo fondamentale, contesa tra scenari e musiche degli anni '70 e dei giorni nostri, di un'Italia malinconica che fa da cornice a una commedia piena di sentimento. La canzone "La prima cosa bella" è stata reinterpretata dalla cantante Malika Ayane in occasione dell'uscita del film.

Trailer:

http://www.youtube.com/watch?v=fZAG3kU9Q1E

Video colonna sonora Malika Ayane:
http://www.youtube.com/watch?v=cnrOQGwKxzw


Fonti:
http://www.mymovies.it/film/2010/laprimacosabella/