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lunedì 31 ottobre 2011

In Séraphine, il sentimento si cela sotto un'apparente aridità d'animo.







Che fantastico questo film di Martin Provost che, nel narrare una storia vera, descrive con raffinata eleganza la vita rude e selvatica e goffa di una celebre pittrice naïf Séraphine Louis, che si dipana lentamente, come il filo di una matassa, nel secolo scorso, a cavallo tra la grande guerra e la grave crisi economica del ’29. Questa singolare artista, unica e ineguagliabile come originalità pittorica, impersonata magistralmente dalla bravissima attrice Yolande Moreau, manifesta nella suo vivere rozzo e apparentemente misero una ricchezza interiore straordinariamente eccezionale, che ella risalta manifestando un innato amore contemplativo per la natura. Di questa ne fa una esaltazione peculiarmente dettagliata nei minimi particolari, con un’arte pittorica che è geniale e originale nel contempo. Lo fa in maniera puntuale e magistralmente precisa, tale da dare una inconsueta dinamicità alla staticità obbligata di una pittura, che è proprietà esclusiva di un pittore con una grande esperienza. Séraphine viene scoperta casualmente, in casa di una donna intellettualmente misera anche se ricca, da un critico tedesco Uhde che ritiene quelle opere uniche e singolari dal punto di vista dell’espressività artistica. È omosessuale questo critico che, come tutti gli omosessuali, ha in sé una sensibilità eccezionale che gli permette di cogliere subito la magnificenza artistica e la peculiarità pittorica di quei quadri-capolavori che fanno breccia improvvisamente nel popolo degli intenditori e, al tempo stesso, il sentimento genuino che predomina sull'apparente aridità d'animo dell'artista. Questo comporta a Séraphine, per i proventi ottenuti dalla vendita dei suoi quadri, un cambiamento del tenore di vita, non più serva ma padrona. Purtroppo la crisi economica non le assicura la continuazione di quella vita agiata conquistata dopo tante umiliazioni. Ciò le fa perdere l’intelletto e rinchiusa in una casa di cura per dementi dopo qualche anno muore. Un film bello anche se triste, che lascia sospese le emozioni per tutta la sua durata e che alla fine lascia l’amaro in bocca.(Francesco Giuliano)






Fonti:



http://www.mymovies.it/film/2008/seraphine/pubblico/?id=558364





domenica 30 ottobre 2011

In "Noi credevamo", gli Italiani sono idealisti o gattopardi?




"Noi Credevamo" è un film che mi ha fatto commuovere attimo dopo attimo perchè riprende, in modo magistrale, il sempreterno tema Meridionale, che si è esteso a tutta la nazione. Tratto da “Il gattopardo” di G. Tomasi di Lampedusa e visto da chi lo ha vissuto in prima persona, il film sviluppa la vita di tre giovani che credono, seppur tra reciproci sospetti, di cambiare il mondo in cui vivono, aspirando all’eliminazione fisica di re o di imperatori che quel mondo di retaggio medievale proteggono e salvaguardano a tutti i costi. Un mondo fatto di angherie, di sopraffazioni, di violenze, di prepotenze, di ferocie espletate dal potere assoluto dei monarchi, come al solito, sulla povera gente. Si snoda in questo film, sequenza dopo sequenza, la costruzione perfetta del contrasto evidente tra quei giovani genuini sognatori, mossi dagli ideali ispirati dalla Giovine Italia e da Giuseppe Mazzini, e i falsi, ipocriti, infidi menzogneri innovatori che cavalcano inizialmente la spinta emotiva rivoluzionaria di quelli, sfruttandola per il proprio tornaconto: sostituire al potere costituito un altro potere, al fine di “cambiare tutto perché tutto rimanga come prima”. Da ciò emerge il carattere fortemente pessimista del film, magistralmente diretto da Martone. Carattere che viene ingenerato già dal titolo “Noi credevamo” … di cambiare il mondo! Invece, il mondo è in mano sempre dei soliti noti, che aspettano dietro l'angolo.




Bravi tutti gli attori, Lo Cascio, Zingaretti, Servillo, ecc., e il regista che ha saputo assegnare loro il carattere del personaggio interpretato ma che,forse, poteva evitare di utilizzare più attori per descrivere le varie fasi della vita dei tre protagonisti principali. (Francesco Giuliano)





Mario Martone:
http://info-italia-cinema.blogspot.com/2011/10/mario-martone-un-pezzo-del-nuovo-cinema.html

Recensione del film di Giancarlo Milone:
http://info-italia-cinema.blogspot.com/2011/10/noi-credevamo-martone-racconta-storie.html
Fonti:


sabato 29 ottobre 2011

TERRAFERMA, un film italiano da premio Oscar







Un film, tra i tanti editi in questo inizio di stagione cinematografica, che consiglio di vedere, in quanto affronta il tema della crescente e diffusa insofferenza, alias xenofobia, che molti italiani manifestano nei confronti degli stranieri. Il grande Immanuel Kant in un suo breve saggio “Per la pace perpetua”, sosteneva che “l’ospitalità è il diritto di uno straniero, che arriva sul territorio altrui, di non essere trattato ostilmente. … si tratta di un diritto di visita che spetta a tutti gli uomini …”. Il filosofo asseriva ciò in quanto era sua convinzione che al determinismo naturale
derivante dalla sfericità della terra sulla quale gli uomini devono convivere, si accosta il sacrosanto diritto naturale, quello originario di ogni individuo all’eguale possesso della sua superficie. Il regista del film Emanuele Crialese, in una recente intervista, ha detto che ognuno di noi dovrebbe comportarsi nei confronti dei profughi come un pescatore in mezzo al mare perché ogni uomo ha il dovere sacrosanto, come avviene appunto in mare, di soccorrere un altro che si trova in pericolo. Chiunque esso sia e da qualunque parte del globo venga. Tali sono i tanti esuli che arrivano lungo le nostre coste per cercare di dare dignità alla loro vita sfuggendo alla fame, alla miseria, alla sete, alla guerra, dalla morte e da tutto ciò che rende il loro paese di
origine non vivibile. Bellissima e suggestiva è quell'immagine, da cui è stata estratta una delle locandine del film, che raffigura gli esuli che quasi contemporaneamente si tuffano in mare per raggiungere la salvezza. E' come un bel fiore che sta sbocciando quell'immagine e con essa il regista sembra che voglia dire che da quel fiore nascerà un frutto. Nel film, diretto magistralmente, e interpretato da attori famosi, come la bravissima Donatella Finocchiaro, e meno famosi, come il ruggente e vivace Filippo Pupillo, vengono evidenziati i contrasti tra chi ha paura dello straniero e delle regole imposte da leggi disumane, o timore di compromettere i propri interessi economici e chi, invece, si affida alla propria solida fede e alle leggi del mare e ai dettami dei propri padri. Alla fine i primi, contornati da un alone di squallore, risultano perdenti, mentre i secondi rivelano una profonda coscienza umana che li rende simili agli dei. Un film convincente e appassionante che descrive una realtà
vissuta e letta quotidianamente, dai tratti a volte saldamente duri, a volte emotivamente commoventi, tra essi bene equilibrati, e che non lascia spazi di noia o di distrazione allo spettatore il quale, alla fine, a stento e a malincuore riesce ad alzarsi dalla poltrona della sala. Non è un caso che “Terraferma” abbia avuto il premio speciale della giuria alla mostra del cinema di Venezia e sia stato scelto come candidato italiano all’Oscar 2011 per il migliore film straniero.
Francesco Giuliano







Emanuele Crialese.
http://info-italia-cinema.blogspot.com/2011/10/emanuele-crialese-una-promessa-alla.html



Fonti.

venerdì 28 ottobre 2011

L'Amico di famiglia, musiche e immagini trascinanti.

L'Amico di famiglia è un film scritto e diretto da Paolo Sorrentino, presentato al Festival di Cannes 2006. Anche in questo film, Sorrentino rappresenta una società infelice e dura, pronta ad ingannare e a lasciare soli. La pellicola vede protagonista un fantastico Giacomo Rizzo nel ruolo di Geremia de' Geremei, apparentemente proprietario di una piccola sartoria, passa le sue giornate con la madre invalida in quel dell'Agro Pontino, ma i suoi redditi provengono da un'attività meno lecita; Geremia è un usuraio soprannominato "Cuoredoro"che con spietato interesse aiuta solo quelle poche persone pronte a risarcirlo profumatamente. Tutto il suo benessere economico, avrà fine quando i suoi stessi "amici" e informatori gli prepareranno una trappola nella quale cadrà a causa della sua avidità e di Rosalba (Laura Chiatti), che con maestria illuderà i suoi sentimenti, lasciandolo più solo di prima.
I dialoghi sono profondi e non perdono mai linearità, catturando l'attenzione per tutto il film, supportati da inquadrature perfette, riprese che riescono a rendere le immagini più interessanti, scene elaborate, colorate da personaggi grotteschi e amorali che il regista riesce a rende amabili come Geremia. Anche le musiche hanno un ruolo fondamentale nel film, curate da Teho Teardo rendono la pellicola poetica nonostante i contenuti.
La scena finale del film dopo la presentazione a Cannes venne modificata rendendola meno drastica ma non meno crudele.


Paolo Sorrentino:
http://info-italia-cinema.blogspot.com/2011/10/paolo-sorrentino-lenigmatico-regista.html



Trailer:
http://www.youtube.com/watch?v=LztZyhhizms

Fonti:
http://www.mymovies.it/dizionario/recensione.asp?id=43624

"Terra di Mezzo", Garrone all' esordio.

"Terra di Mezzo" è un film uscito nelle sale nel 1996 e prodotto, sceneggiato, scritto e diretto da Matteo Garrone (al suo esordio come regista cinematografico). Della   fotografia il responsabile è Marco Onorato, del montaggio Marco Spoletini e delle musiche Dodi Moscati.
Nel cast hanno partecipato tra gli altri Guglielmo Ferraiola, Paolo Sassanelli, Mario Colasanti e Salvatore Sansone.
Il film, il primo diretto da Garrone, è diviso in tre episodi: "Silhouette", "Euglen e Gertian" e "Self Service":

"Silhoette", ambientato nella periferia di Roma racconta la difficile vita di un gruppo di prostitute nigeriane.

"Euglen e Gertian" è una storia di abuso e sfruttamento nel mercato del lavoro. Un gruppo di albanesi è costretto a lavorare in condizioni inique.

"Self Service" è un' altra storia di disagio nel settore dell' impiego, questa volta protagonista è un egiziano che lavora in un benzinaio self service.

Garrone, nonostante un cast di attori abbastanza inesperti esordisce brillantemente con un dramma sociale, dimostrandosi un critico feroce rispetto ai temi del lavoro nero e della ingiustizia sociale.

Matteo Garrone:
http://info-italia-cinema.blogspot.com/2011/11/matteo-garrone-artista-di-cronaca_03.html

Uno spezzone del film:
http://www.youtube.com/watch?v=ZDrIwUecqL0

Fonti:
http://it.wikipedia.org/wiki/Terra_di_mezzo_%28film%29

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giovedì 27 ottobre 2011

La gabbia de La pecora nera di Ascanio Celestini



Questo film del bravo Ascanio Celestini che affronta un tema attualissimo e, in un certo senso, assume il carattere dell’universalità, in quanto tratta una storia molto semplice ma dai connotati significativi e allusivi che, a tutto tondo, riguardano ognuno di noi. Insegna, questa storia che sin dalla nascita ci troviamo gradualmente racchiusi in una gabbia, le cui sbarre diventano tanto più spesse quanto di più sono i condizionamenti mentali esterni, i divieti, gli impedimenti che ci vengono imposti e da cui diventa difficile uscire. Anzi impossibile! Così come, del resto, avviene per un “pazzo” che, chiuso in un manicomio dai “cento cancelli”, cerca di scappare ma ne riesce a superare novantanove ma non il centesimo.



Noi siamo ciò che ci insegnano ad essere sin da quando siamo in fasce: l’educazione ricevuta dalla famiglia, dalla “strada” e dalla scuola bolla irreversibilmente la vita di ognuno di noi. Essa traccia quel percorso vitale che in genere è conosciuto con il nome di destino: paradossalmente ognuno diventa artefice e vittima della propria sorte, faber est suae quisque fortunae. Questo è il tema che riguarda ogni essere umano, sia esso di sesso maschile o femminile, dal momento che viene messo al mondo e che caratterizza l'intera esistenza della protagonista del mio ultimo romanzo “Come fumo nell’aria”, edito da Prospettiva editrice.



Il film di Celestini narra la vita Nicola, da ragazzo ad adulto trentacinquenne, che va incontro, in questo lungo lasso di tempo, a diverse situazioni e avversità sfavorevoli alla crescita psichica: la morte prematura della madre, l’affidamento alla nonna che vede la risoluzione di ogni problema nelle “uova fresche di giornata”, il disprezzo ricevuto a scuola da una maestra ingorda, la morte di un suo compagno di scuola “deficiente” che rimane conficcato sulla punta di un cancello, il comportamento autoritario del padre. Non va trascurata la cattiveria dei fratelli, i quali lo fanno diventare correo di un delitto, del quale non conosce i connotati, e lo intrappolano in una tacita corresponsabilità che lo rende vittima del suo stesso destino e complice in una società basata sulla cattiveria, sullo squallore, sulla superficialità, sulla meschinità e anche sull’opportunismo. Tutto ciò conduce Nicola, anche quando acquista la forza di scegliere liberamente, di ascoltare il suo cuore e di agire in base all'istinto e ai sentimenti, ad avere la consapevolezza che quando si è “segnati” si viene sempre scartati, respinti inesorabilmente dalla società, rimanendo tragicamente intrappolati nella propria “gabbia”. Eccellente, come sempre Ascanio Celestini nella duplice veste di attore e per la prima volta di regista, affiancato da una figura “imponente” interpretata da Giorgio Tirabassi. (Francesco Giuliano)


Fonti:



Gabriele Muccino, un' artista dell' amore.

Gabriele Muccino è un giovane regista e sceneggiatore italiano, nasce a Roma il 20 Maggio del 1967,  figlio di un dirigente Rai e di una pittrice è fratello di Silvio, noto attore.
La sua carriera inizia come assistente di Pupi Avati, e Marco Risi e come attore di varie serie televisive, gli esordi alla regia arrivano alla fine degli anni 90 con la produzione di alcuni documentari. Il primo film arriva nel 1998, con la direzione di "Ecco Fatto", al quale seguono numerosi spot pubblicitari di successo.
Nel 1999 arriva il primo successo, con la regia nel film "Come Te Nessuno Mai", che vede il fratello Silvio tra gli interpreti ed ha spunti autobiografici.
Nel 2001 con l' enorme successo del film "L' Ultimo Bacio" si consacra tra i principali autori leggeri del nostro cinema e prosegue una carriera che almeno rispetto al grande pubblico, può considerarsi trionfale.
I contenuti di Muccino spesso non sono eccelsi, si tratta più che altro di commedie romantiche, ma all' interno del suo genere può essere considerato uno dei migliori autori.
Nel 2006 Gabriele Muccino esordisce a Hollywood, dove dirige 2 film, entrambi con Will Smith.

Filmografia:
"Ecco Fatto" (1998).
"Come Te Nessuno Mai" (1999).
"L' Ultimo Bacio" (2001).
"Ricordati di Me"  (2003).
"La Ricerca della Felicità" (2007).
http://info-italia-cinema.blogspot.com/2011/10/la-ricerca-della-felicita.html
"Sette anime" (2009).
"Baciami Ancora" (2011).

Intervista con Muccino:
http://www.youtube.com/watch?v=9apapCyRF0I

Fonti:
http://it.wikipedia.org/wiki/Gabriele_Muccino

La Locandina del Film "Alla Ricerca della felicità", diretto da Muccino.
Foto proprietà della Galleria fotografica online di Baia.

Primo Amore, inquietante storia d'amore

Primo Amore, è un film diretto da Matteo Garrone, liberamente ispirato al libro Il Cacciatore di Anoressiche, uscito nelle sale cinematografiche nel 2004. Il film è stato presentato al 54° Festival di Berlino dividendo la critica. La trama ambientata a Verona, racconta di Vittorio (interpretato dallo scrittore Vitalino Trevisan) ossessionato dalla magrezza, al punto di plasmare e mutare il corpo e la mente di Sonia secondo il suo ideale, interpretata da Michela Cescon, (che per l'occasione ha perso 15 kg) rendendola vittima sacrificale di questa sua perversione .




Garrone attraverso immagini cupe e forti dirette da Marco Onorato, delinea perfettamente l'aspetto psicologico dei personaggi, dando vita a una storia d'amore malata, fatta di ossessioni e desideri folli che forgerà i protagonisti per tutto il film portandoli all'autodistruzione.


Garrone nel fim, ci parla dell'incapacità di amare, della contraddizione di ciò che si vuole e ciò che si è, e lo fà in modo violento, passando in maniera viscerale attraverso la mente umana, dando vita a un noir inquietante e suggestivo.

Matteo Garrone:
http://info-italia-cinema.blogspot.com/2011/11/matteo-garrone-artista-di-cronaca_03.html

Trailer:






Fonti:


"H2odio", un thriller di Alex Infascelli.

"H2odio" è un thriller del 2006 diretto da Alex Infascelli, il regista, assieme a Vincent Villiani, si è occupato anche della sceneggiatura, il montaggio è stato curato da Consuelo Catucci, la produzione da Gianluca Curti, le musica da Hervestman, la fotografia da Anarldo Catinari, la scenografia da Eugenia Di Napoli.
Nel cast hanno partecipato Chiara Conti, Olivia Crescentini, Claire Falconer, Anapola Muchkadiz, Platinette Mandala Tayde e Olga Shuvalova.
"H2odio" è il terzo film di Alex Infascelli, il regista, dopo le precedenti produzioni, che non avevano riscontrato nè l' appoggio del pubblico, nè quello della critica, decise di auto-prodursi (ritenendosi boicottato).
Il film non usci nelle sale, ma fu venduto direttamente nelle edicole, riscuotendo un successo mediocre, neanche la  trama del film convince:
5 ragazze si recano in un isola deserta a sperimentare una nuova dieta, a base d' acqua, lì incominciano sparizioni e omicidi.

Alex Infascelli:
http://info-italia-cinema.blogspot.com/2011/10/alex-infascelli.html

Fonti:
http://www.filmscoop.it/cgi-bin/recensioni/h2odio.asp
http://it.wikipedia.org/wiki/Alex_Infascelli

Trailer:
http://www.youtube.com/watch?v=VSDtzlnBN6U



Gianni Di Gregorio, un eclettico sceneggiatore e regista.

Gianni Di Gregorio nasce a Roma il 19 febbraio 1949. Da sempre appassionato di cinema e teatro si diploma in regia e recitazione presso l'Accademia di Arti Sceniche di Roma, diretta da Alessandro Fersen. Lavora per tre anni nel teatro come attore e aiuto regista, abbandonandolo successivamente dopo la visione del film di Scorsese "Means Street".
La sua carriera cinematografica inizia nel 1986 come sceneggiatore di pellicole di Felice Farina (Sembra morto, ma è solo Svenuto) e Marco Colli (Giovani senza Pensieri). Durante il 1991-92 si dedica alla sceneggiatura dei film Naufraghi Sottocosta di Marco Colli e Affetti Speciali diretto da Felice Farina. Nel 2000 lavora alla scrittura della pellicola di Viva le Scimmie! sempre di Marco Colli.

L'Approccio alla regia, arriva con la conoscenza di Matteo Garrone, con il quale collabora come aiuto regista per il film :Estate Romana, proseguendo con L'Imbalsamatore (2002) e Primo Amore (2003).
Nel 2007 scrive Gomorra, con la collaborazione di Braucci, Chiti, Gaudioso, lo scrittore e il giornalista Saviano e Garrone stesso, grazie alla quale otterrà il David di Donatello e l'European Film Award per la sceneggiatura nel 2008.
Il debutto come regista arriva con successo nel 2008 con la commedia dal risvolto neorealista Pranzo di Ferragosto, nella quale dirige un gruppo di attori non professionisti con scanzonata ironia, rendendo il film una pellicola leggera e divertente (fatta a sua immagine e somigliana) che piace sia al pubblico che alla critica, facendogli vincere il David di Donatello come miglior regista esordiente.
Ripete l'esperienza nel 2011 con il film Gianni e le donne, amara commedia incentrata sulla vita di un uomo appesantito dall'età che avanza, che cerca la seconda giovinezza . Sebbene la pellicola non riscuota il successo della precedente, il film piace, perchè riconosce a Di Gregorio la capacità di raccontare con garbato umorismo la realtà di un'età matura in modo pensato ma leggero.

Filmografia:
Pranzo di Ferragosto:
http://info-italia-cinema.blogspot.com/2011/10/pranzo-di-ferragosto-il-divertente.html
Fonti:
http://www.mymovies.it/biografia/?r=24537
http://www.cinemaitaliano.info/pers/002263/gianni-di-gregorio.html

Sull'agape o amore materno, il film di Pupi Avati "Una sconfinata giovinezza".



Un film o meglio una fiaba dei nostri tempi, come è nello stile del regista Pupi Avati, dove la trama poetica suscita nello spettatore forti emozioni e gli fa provare sensazioni che lo coinvolgono completamente. Parla, questo bel film, di due personaggi, “giganti” nella loro semplicità, ormai non più giovani, che si amano, come se vivessero fuori dal proprio tempo, come se fossero nella fase di innamoramento: lui, una persona di elevata staturaculturale, giornalista sportivo di successo, lei brava docente universitaria, coniugi senza figli. Vivono presi dal loro lavoro quotidiano, felici e sereni senza problemi di rilievo finché subentra subdolamente una malattia che coglie all’improvviso il marito, che scombussola il quieto vivere e che spadroneggia tra le mura di quell’incantevole ma raro focolare e che, a poco a poco, non domina solo un corpo, ma intreccia nell’animo della moglie una tetra maglia sottile, invisibile, impercettibile, che, rendendo vana ogni speranza di guarigione, gradualmente, le infonde nel contempo coraggio e animosità.
L’eros che si era manifestato prima come desiderio reciproco, come smania ricambiata, come mutua frenesia, come biunivocità collaborativa, incomincia a cedere il passo, di fronte alla cattiveria e alla spietatezza generate da quella disumana malattia, a un graduale distacco disumano. Non c’è più reciprocità d’amore, non c’è scambio d’affetti, c’è soltanto perdita di quell’umano grande valore amoroso tanto e per tanto tempo riposto nella persona amata. Non c’è più eros ricompensato, c’è allontanamento. L'amore si trasforma in disamore!
La mancanza di figli, tuttavia, per un prodigio suscitato dalla lettura di una lettera, fa diventare per la donna il marito un figlio da accudire e da assistere e con cui giocare appassionatamente. Ed ecco che la mancanza di eros, fa insorgere improvvisamente l’agape, cioè quella concezione d’amore che prescinde dal valore assegnato ad una persona e dalla reciprocità d'affetto, ovvero quell’amore che una madre ripone verso il proprio figlio. Il marito diventa figlio. La moglie diventa madre. Soltanto con l’agape la moglie accetta il rifiuto, la mancanza di riconoscenza, l’ingratitudine. Accetta tutto.

Grandi e da premio Oscar Fabrizio Bentivoglio e Francesca Neri. Bravissimo Avati che ha saputo creare, con continui flashback essenziali per la comprensione del film, atmosfere da sogno, per una storia che sogno non è. Purtroppo!(Francesco Giuliano).



Fonti:

mercoledì 26 ottobre 2011

LA RICERCA DELLA FELICITA'

Primo film di produzione hollywoodiana, girato nel 2006, per il celebre regista italiano Gabriele Muccino, che ci racconta una toccante storia vera datata anni 80.
Il protagonista Chris Gardner (interpretato da Will Smith) si trova a dover affrontare un periodo di grosse difficoltà economiche dovute ad un lavoro di rappresentanza che non funziona e che manda in pezzi di pari passo la situazione familiare. La moglie, esasperata dai continui insuccessi di Chris e da un certo suo atteggiamento e scelte "apparentemente" irragionevoli, lo lascia.
Il riscatto socio-economico del protagonista arriverà a rischiarare questa inquieta vicenda.
Chris riconquisterà una vita dignitosa, passando attraverso giorni vissuti di espedienti e in dormitori di fortuna, col figlio al seguito.
Il film sembra accompagnarci attraverso una forma esemplificativa di società moderna, nella quale si respira un imperativo traguardo da raggiungere: il successo.
Famiglia, amici, valori, tutto insomma può essere subordinato e sacrificato a favore di tal obbiettivo.
Uno spaccato di "sogno americano" che, in realtà, idealizza un comune denominatore agognato da tutte le  civiltà emancipate e capitaliste.
Meravigliosa  la complicità nel rapporto padre-figlio, quasi fiabesco il modo in cui il protagonista riesce a coinvolgere il figlio(vero erede di Will Smith nella vita), celando le difficoltà da loro attraversate in una sorta di gioco.
Gabriele Muccino viene scelto dallo stesso primo attore, che ha visto ed apprezzato il suo "L'ultimo bacio".
Bravo il regista nella rappresentazione delle multiforme sfaccettature dell'essere umano di fronte all'ambivalente proiezione di se stesso tra ragione(gestione raziocinante della vita familiare) e sentimento(ambizione e realizzazione personale).
Elevato l'apprezzamento del pubblico, evidentemente per il livello di immedesimazione su questa controversa tematica del riscatto sociale.
Ciò che rimane nel cuore a fine proiezione è un semplice ma fondamentale insegnamento per tutti: "credete in voi stessi e inseguite i vostri obbiettivi con tenacia, passione e onestà". 
E non è poco!
Trailer:
http://www.youtube.com/watch?v=lkmi1F0Ccfc
Muccino:
http://info-italia-cinema.blogspot.com/2011/10/silvio-muccino-un-artista-dell-amore.html

“This must be the place” – Il viaggio di un uomo alla ricerca di se stesso!

Titolo: This Must Be the Place
Regia: Paolo Sorrentino
Produzione Paese: Italia, Francia Irlanda 2011
Cast: Sean Penn, Frances McDormand, Eve Hewson, Harry Dean Stanton, Joyce Van Patten [...]



“This must be the place” che tradotto letteralmente significa “Questo deve essere il posto”, una canzone dei Talking Heads (Teste parlanti), è il titolo del film con il quale il regista Paolo Sorrentino crea un personaggio particolare, sui generis, eccezionale, insolito, non comune, fantastico, che sin dai primi fotogrammi suscita nello spettatore un’inconsueta curiosità, un’incontrollabile attrazione mista a forti emozioni, che originano subitaneamente un istintivo rapporto empatico travolgente spettatore-attore. Una metafora dei giorni nostri che ci fa riflettere sul nostro modo di vivere frenetico, stereotipato, superficiale, distratto, formale e insensibile.

Il regista descrive il personaggio del film con una sottile, quasi trasparente, impercettibile ma realistica vena poetica romantica, esaltando i sentimenti di un uomo (fedeltà coniugale, altruismo, generosità, ecc.), la sua spontaneità, il suo comportamento curioso, la sua stravaganza (la piscina vuota usata per giocare e non per nuotare), la sua andatura e il suo modo di parlare lenti, pacati, monotoni, che subito contrastano con gli stereotipi moderni e con la vita frenetica della nostra società, caratterizzata da una disumana superficialità, che induce ogni individuo a trascurare l’intima essenza dell’uomo e a non dare un significato al senso della vita. Cerca, in definitiva, il regista di dare voce al turbamento e all'irrequietudine dell’animo umano, al contrasto tra presente e passato, al fluire di quest’ultimo in modo così repentino da dare adito a tormentosi rimpianti e alla consapevolezza di aver commesso irreparabili errori. Usa, dunque, il regista la strada del romanticismo che gli permette di far leggere allo spettatore dentro l’animo di Cheyenne, il protagonista del film, e di metterne in luce quegli stati d’animo che sono universali e accomunano tutti gli uomini. C’è romanticismo nell’andatura lenta, a piccoli passi di Cheyenne, e nell’ascoltare quello che il cuore gli dice, nel volgere lo sguardo al suo passato e nel ricordare gli insegnamenti ricevuti, gli affetti dimenticati, nella spontaneità delle sue manifestazioni. C’è romanticismo nella descrizione di una brutta notizia – il padre che abita lontano è in fin di vita –, che gli fa affiorare in modo turbolento alla mente il triste ricordo del suo rapporto con la figura paterna con cui da trent’anni non si parla, c’è romanticismo nei rapporti interpersonali del protagonista.

Cheyenne, è una famosa rockstar cinquantenne, ormai in pensione, che ama portare una folta capigliatura e truccarsi come una donna, vestendo così una maschera che annulla la sua personalità, perché la maschera (“maschera” dal greco prosopon assume il significato in latino di “persona” e, come pronome indefinito nel francese personne, il significato di “nessuno”) annulla, nasconde la personalità individuale. Cheyenne intraprende allora un lungo viaggio da Dublino a New York, per assistere il padre durante gli ultimi istanti di vita. Prende la nave perché ha paura dell’aereo. Arriva per questo in ritardo. Trova il padre ormai morto. Sente un vuoto nel suo animo, allora, che cerca di colmare proseguendo nella ricerca affannosa di un vecchio ufficiale nazista, ricerca che il padre di origine ebrea aveva intrapreso per vendicarsi dell’umiliazione ricevuta durante la sua prigionia in un campo di concentramento, al tempo della seconda guerra mondiale. Cheyenne, dunque, incomincia un viaggio, che, a dirla con Schopenauer, rappresenta la ricerca di se stesso e dell’affetto che forse il padre nutriva per lui, dunque la ricerca di un “bene infinito”. Durante questo viaggio, infatti, gli torna in mente l’età giovanile caratterizzata da una profonda distrazione che non gli ha fatto cogliere l’essenziale dei comportamenti umani ma lo ha diretto verso il superfluo e l’effimero, si rammenta dei valori che il padre voleva trasmettergli, come la perseveranza e la riconoscenza, e comprende ora cosa vuol dire umiliazione, annichilimento della dignità umana, distruzione della personalità individuale. Soltanto la vendetta può emendare il danno psicologico e fisico subiti dal padre. La vendetta genera odio, e l’odio induce alla guerra, alla morte, all’eliminazione fisica dell’avversario. Meglio un’altra fine molto più giusta e più umanamente condivisibile, quella di infliggere al tormentatore altrettanta umiliazione: costringerlo a stare completamente nudo in mezzo alla neve. Cheyenne, dopo aver raggiunto lo scopo del padre, torna dal viaggio, si toglie il trucco e si taglia i capelli, trasformandosi così all’età di cinquant’anni da bambino a uomo.
Sean Penn, premio Oscar 2009, interpreta magistralmente Cheyenne mentre Frances McDormand, anche lei premio Oscar 1997, impersona la moglie Jane.
Francesco Giuliano




Pranzo di Ferragosto, il divertente debutto di Gianni di Gregorio.

Pranzo di Ferragosto, è una commedia scritta, diretta e interpretata da Gianni di Gregorio ed è tratta da un fatto realmente accaduto. La pellicola uscita nel 2008 ha ricevuto vari riconoscimenti alla Mostra del Cinema di Venezia come miglior regista esordiente dell'anno, aggiudicandosi i David di Donatello e i Nastri d'Argento. Il film ha vinto anche il Premio Vanzina Opera Prima "Luigi de Laurentis".
La commedia racconta di Gianni, romano, alle prese con una mamma un pò capricciosa ed eccentrica, insieme alla quale offrirà ospitalità ad altre mamme abbandonate a causa di alcuni "contrattempi" dei propri familiari.
Tutti gli interpreti del film (a parte Gianni di Gregorio e Alfonso Santagata) sono attori non professionisti, ma il regista sullo sfondo di una Trastevere insolita, deserta, riesce a dirigere un cast di vecchiette in maniera brillante e neorealista, rendendo la pellicola ironica e genuina risaltando con spassosa tenerezza i vizi e le virtù di una generazione poco raccontata dal cinema italiano.
Il film è stato prodotto da Matteo Garrone, il quale ha partecipato anche alla sceneggiatura e distribuito dalla Fandango.

Gianni Di Gregorio:
http://info-italia-cinema.blogspot.com/2011/10/pranzo-di-ferragosto-il-divertente.html
Trailer:
http://www.youtube.com/watch?v=3AkosFliKG8

Fonti:
http://it.wikipedia.org/wiki/Pranzo_di_ferragosto

Romanticismo ed epicureismo nell’ultimo film di Gus Van Sant: L’amore che resta.



“L’amore che resta” è l’ultimo film di Gus Van Sant (regista dell’indimenticabile e originale “Scoprendo Forrester” con l’insuperabile Sean Connery)) con due giovani attori, Henry Hopper e Mia Wasikowska, che personificano rispettivamente due giovani ventenni, Enoch e Annabel. In questo film il regista, che mette sempre sul primo piano, in chiave psicologica, la sensibilità, la fragilità e il disorientamento dei giovani nella società moderna, affronta un tema interessante, quello dell’Amore e della Morte, tanto caro a Giacomo Leopardi che, nel canto, Amore e Morte, con un incipit di Menandro “Muor giovane colui ch’al cielo è caro”, così recita “Fratelli, a un tempo stesso, Amore e Morte/ Ingenerò la sorte./ Cose quaggiù sì belle/Altre il mondo non ha, non han le stelle./ Nasce dall’uno il bene,/ Nasce il piacer maggiore/ Che per lo mar dell’essere si trova;/ L’altra ogni gran dolore,/ Ogni gran male annulla.” Detta così, e avendo preso come riferimento uno dei più grandi poeti pessimisti del romanticismo italiano, sembrerebbe che il film avesse una piega tristemente malinconica e dai primi fotogrammi dà allo spettatore questa idea. Enoch, infatti, uscito indenne da un brutto incidente dove sono morti i suoi genitori, è un giovane chiuso e infelice che, vestito di nero di tutto punto, partecipa ai funerali di estranei. Forse lo fa per colmare la profonda mancanza generata dal fatto che non ha potuto assistere al funerale dei genitori né vederli per l’ultima volta poiché in quel tempo era in coma, oppure lo fa per poter vedere nel morto i propri genitori. In uno di questi funerali conosce Annabel e, come un lampo a ciel sereno, se ne innamora in un attimo. E allora amare è come morire, come sostenta ancora, nel medesimo canto, Giacomo Leopardi “Quando novellamente/ Nasce nel cor profondo/ Un amoroso affetto,/ Languido e stanco insiem con esso in petto/ Un desiderio di morir si sente:/ Come, non so: ma tale/ D’amor vero e possente è il primo effetto.”
Nel momento in cui, tuttavia, la vita di Enoch sta per avere una svolta ingenerante un cambiamento positivo e, di conseguenza, sta per fargli cogliere una felicità tanto agognata, viene colto da un’angoscia profonda nell’attimo in cui apprende che alla sua amata Annabel, malata terminale per un cancro, rimangono pochi mesi di vita. Alla disgraziata fine dei genitori che aveva relegato Enoch in una depressione paurosa, quasi irreversibile, se ne aggiunge ora un’altra, che gli appare ancora più sconvolgente. È qui che nel suo svolgersi il film acquista un andamento, a parer mio, dai connotati epicurei, perché si svolge essenzialmente attorno al tema del Carpe diem di oraziana memoria, (come postula il poeta latino Orazio nella XI ode dedicata a Leuconoe) “carpe diem, quam minimum credula postero”, in quanto i due giovani cercano di vivere la vita, momento per momento, incuranti della triste certezza del domani funesto. Anche perché, nella disumana situazione di Annabel, il film dà un messaggio di particolarità originale: non serve a niente sperare, in quanto la speranza risulta vana e illusoria, come sostiene il filosofo Luc Ferry secondo cui “... la speranza non solo ci mette in uno stato di tensione negativa, ma ci priva anche del presente: preoccupati di un avvenire migliore, dimentichiamo che l’unica vita che valga la pena di essere vissuta, la sola che,molto semplicemente, esista,è quella che si svolge sotto i nostri occhi,qui e ora”. Per questo hanno fatto bene i due giovani a non sperare che la penosa prospettiva palesata volgesse per il meglio, ma a godere del tempo rimanente ad Annabel facendo esplodere e realizzare i loro sentimenti più genuini. L’epicureismo, in questo bel film, risalta ancora dalla contrapposizione della brevità della vita all’amore che resta dopo la morte o, in senso ottimistico, perché la morte altro non è che la prosecuzione della vita stessa. Allora piuttosto che piangersi addosso – questo penso voglia essere il messaggio del regista -, non è meglio godere dei momenti felici, di quei momenti in cui l’amore sboccia come un fiore delicato, profumato, e sensibile che rende la vita colorata e apprezzabile? Carpe diem, dunque. E un altro messaggio che ho colto come spettatore è che ognuno di noi sa che deve morire ma non sa quando. Ebbene dove sta la differenza visto che la morte accomuna tutti gli esseri viventi? Non essendoci, allora, differenza tra chi sa quando approssimativamente deve morire e chi, invece, non lo sa, a che serve pensare al domani trascurando di captare i momenti felici e viverli intensamente?

Trailer:
http://www.youtube.com/watch?v=ffQM4zDcse0

Fonti
Dal canto XXVII, Amore e Morte (1-10 e 27-33) - I canti (introduzione e commento di Mario Fubini e con la collaborazione di Emilio Bigi) di Giacomo Leopardi –– Loescher, 1964
Luc Ferry (trad. di Simona Martini Vigezzi) – Al posto di Dio – Sguardi Frassinelli






Il Siero della Vanità, un giallo che non convince.

Il Siero della Vanità di Alex Infascelli uscito nelle sale del 2004, prende spunto dal giallo di Niccolò Ammaniti. La trama si sviluppa attorno alla scomparsa misteriosa di alcuni personaggi famosi della televisione trash. Le indagini saranno affidate a due ispettori di polizia, interpretati da Margherita Buy (nel ruolo di Lucia Allesco) e da Valerio Mastrandrea (Franco Berardi) i quali cercheranno di capire il legame che accomuna le vittime, ricercando la verità in una Roma malata di protagonismo e despressione.
La pellicola purtroppo non riscuote i consensi ottenuti per Almost Blue, le scene scorrono senza mai creare tensione nello spettatore, il coinvolgimento emotivo è debole. L'esperienza di Infascelli per i videoclip stavolta non basta, e la scelta di non utilizzare un tecnico della fotografia come Arnaldo Catinari si fa sentire, le immagini non conquistano e la colonna sonora affidata a Marco Morgan Castoldi risulta più seducente di tutto il film.

Alex Infascelli:
http://info-italia-cinema.blogspot.com/2011/10/alex-infascelli.html
Trailer:
http://www.youtube.com/watch?v=n3Kwv6JTNfE

Fonti:
http://www.mymovies.it/dizionario/recensione.asp?id=35012

Lucio Pellegrini, una carriera tra cinema e televisione

Lucio Pellegrini è nato ad Asti il 20 Ottobre del 1965, è un regista e autore televisivo piemontese. Nei primi anni della sua carriera si è occupato di televisione, tra i suoi programma possiamo ricordare "Target", e "Ciro, il Figlio di Target". Già nel 1999 dirige il suo primo film, "E allora Mambo", che vede come attori Luca Bizzarri e Paolo Kessisoglu, gli stessi attori  lo avevano accompagnato in molti dei programmi televisivi scritti dallo stesso Pellegrini. Il film ha un discreto successo, di pubblico e di critica, si tratta di una commedia drammatica ottima per essere un esordio e Lucio Pellegrini realizza l' hanno successivo un nuovo film, con un cast molto simile al precedente, "Mambo".
Negli anni successivi Pellegrino dirige altri 4 lungometraggi, l' ultimo, nel 2011, "La Vita Facile" e varie serie televisive, ad esempio la "Strana Coppia", proseguendo una carriera che pur senza punte di eccellenza è ricca di produzioni di qualità.

Filmografia:
"E Allora Mambo!" (1999).
"Tandem" (2000).
"Ora, o mai più" (2003).
http://info-italia-cinema.blogspot.com/2011/11/ora-o-mai-piu-il-terzo-film-di-lucio.html
"La vita è breve, ma la giornata è lunghissima" (2005). Girato in collaborazione di Gianni Zanati.
"Figli delle Stelle" (2010).
http://info-italia-cinema.blogspot.com/2011/11/figli-delle-stelle-una-commedia-di.html
"La Vita è Facile" 2011.
http://info-italia-cinema.blogspot.com/2011/11/la-vita-facile-l-ultimo-film-di-stefano.html

martedì 25 ottobre 2011

Almost Blue

Il film che segna l’esordio come regista di Alex Infascelli, tratto dal libro di Carlo Lucarelli, ha ottenuto molti riconoscimenti come miglior regista esordiente. La pellicola è un thriller ambientato a Bologna, dove l’ ispettrice di polizia Grazia Negro indaga su una serie di omicidi cruenti legati da un comune denominatore; sulla scena del delitto compare sempre un giovane identico alle vittime.






Locandina del film "Almost Blue"
Le indagini riescono a arrivare alla luce solo grazie all’aiuto di Simone (interpretato da un emozionante Claudio Santamaria) , un ragazzo autistico e cieco che riesce a riconoscere l’omicida dalla voce. Infascelli sperimenta attraverso il film un genere che finora era legato al cinema americano, prendendo ispirazione dal film Fargo dei Fratelli Coen, soprattutto per il personaggio di Grazia Negro. I tre protagonisti hanno una profilo psicologico molto articolato, ed il film si sviluppa seguendo le loro prospettive. Le immagini sono molto forti e lo stile del film supportato da musiche potenti rende la pellicola molto suggestiva. Il titolo Almoust Blue è preso dal brano di Chet Baker ed è stato rivisitato da Elvis Costello il quale lo ha reso più confidenziale facendo emergere lo stato d’animo di Simone in modo intenso.





Trailer:
http://www.youtube.com/watch?v=xkdLkyycam0ube.com/watch?v=xkdLkyycam0

Fonti:





Alex Infascelli:


Alex Infascelli

Alex Infascelli è un regista romano, nato il 9 novembre del 1967. La sua carriera inizia a Los Angeles nel 1989 (dopo aver lavorato come musicista per varie band romane) dove collabora come aiuto scenografo e aiuto regista per vari videoclip prodotti dalla Propaganda Film diventata famosa per la produzione di Twin Peaks. Tra gli altri lavori musicali ricordiamo Domino dei Kiss, Black or White di Michael Jackson e Alive dei Perl Jam. Anche in italia lavora per alcuni videoclip di cantanti italiani come: Daniele Silvestri, Almamegretta, Luca Carboni e Frankie HI-NRG MC. Nel 1994 dirige Vuoto a rendere per il film collettivo DeGenerazione, mentre nel 1996 lo vediamo impegnato nel videoclip di Lucy dei Cocteau Twins colonna sonora del film “Io Ballo da Sola” di Bernardo Bertolucci e nell’episodio Se son rose pungeranno del film Esercizi di Stile presentato a Venezia.
Il riconoscimento come regista e sceneggiatore, arriva nel 2000 grazie al film Almous Blue (tratto dal romanzo di Carlo Lucarelli) nel quale dirige Claudio Santamaria e Lorenza Indovina. La pellicola piace molto al pubblico e alla critica che lo premia con il Ciak d’Oro, il David di Donatello e il Nastro d’argento come miglior regista esordiente. Nel 2004 dirige Margherita Buy e Valerio Mastrandrea nel film thriller Il siero della Vanità. Nello stesso anno dirige anche il corto L’Ultimo giorno. Nel 2006 esce H2 Odio, un Thriller- Horror che verrà distribuito per la prima volta nella storia del cinema allegato a un quotidiano. Sempre nel 2006 conduce il programma brand: news su MTV. Nel 2008 vince il premio di migliore regia al Roma Fiction Festival per la serie Donne Assassine andata in onda sui canali Fox. Nel 2009 per Sky Cinema dirige la miniserie Nel Nome del Male con Fabrizio Bentivoglio.
Filmografia:

Almost Blue (2000):

http://info-italia-cinema.blogspot.com/2011/10/almost-blue.html
Il siero della vanità (2004)
http://info-italia-cinema.blogspot.com/2011/10/il-siero-della-vanita-un-giallo-che-non.html
H 2 Odio (2006)


Fonti:
it.wikipedia.org/wiki/Alex_Infascelli

"Tutti a Casa", la ritirata secondo Luigi Comencini.

"Tutti a Casa" è un film capolavoro di Luigi Comencini, uscito nelle sale nel 1960.
Luigi Comencini  ha collaborato anche alla sceneggiatura preparata con Age y Scarpelli (autori tra l' altro del soggetto), della fotografia si è incaricato Carlo Carlini, del montaggio Nino Baragli, degli effetti speciali Serse Urbisaglia,  delle musiche Francesco Lavagnino e delle scenografie Giuliano Lauranti.
La produzione e la distrubuzione sono state realizzate dal grandissimo Dino De Laurentis e le sue imprese, il cast del film è anch' esso eccezionale, vi partecipano infatti Alberto Sordi (il protagonista principale), Edoardo De Filippo, Serge Reggiani, Claudio Gloria, Martin Balsam, Nino Castelnuovo, Mario Feliciani e tanti altri.
Il film è una commedia drammatica, la cosiddetta commedia all' italiana, anche se le lagrime sono più frequenti dei sorrisi, il tema della ritirata è affontato in forma magistrale, in tutti i suoi aspetti e le contraddizioni, credo l' opera abbia uno spessore che supera anche quello letterario di un capolavoro del genere "Addio alle Armi" di Ernest Hemingway":
se Hemingway riesce  di una ritirata riesce a raccontare la resa, il ritorno, la violenza e la follia, Comencini (anche a causa del diverso contesto storico) vi aggiunge i tradimenti, il cambi di ideali e il contrasto ideologico, ad esempio la scena iniziale, con Alberto Sordi che chiama la centrale pensando che i tedeschi si fossero alleati con gli americani è un capolavoro, in pochi secondi descrive il cambio della guerra , l' immagine di soldati che da fascisti si trasfomano in anti-fascisti principalmente perchè la storia lo ha deciso.
E poi il ritorno a casa, ognuno cercando il proprio ideale, tra chi decide di lottare per la repubblica di Salo e chi va tra i monti con i partigiani, chi vuole solo cambiare vita, scappare via da quell' inferno, tornare a casa, innamorarsi, o ritrovare l' amore, chi muore alle porte del suo paese, lasciando incompiuto il suo sogno di leggerezza, chi ha pressioni da parte della famiglia per continuare a combattere per un ideale mai realmente sentito proprio.
Nelle mie recensioni non mi piace raccontare, o anticipare i dettagli della storia, almeno nei grandi film, credo valga la pena guardare  la trama aspettandola con sorpresa e nella recenzione  descrivere solo i concetti e l' idee, il senso che io vedo all' interno delle immagini, di  descrivere il contenuto, senza svelare il segreto della storia.

Fonti:
http://it.wikipedia.org/wiki/Tutti_a_casa
Estratto:
http://www.youtube.com/watch?v=nGqE2gwmBEs

Immagini della festa del 25 Aprile, anziani soldati, probabilmente protagonisti della resistenza.  

La foto è di proprietà della galleria fotografica di Lidal-K.



"Nuovomondo", Crialese racconta tra la tradizione e l' emigrazione

"Nuovomondo" è il terzo film di Emanuele Crialese, è uscito nelle sale del 2006. La maggioranza delle scene del film sono girate in lingua siciliana.
Crialese si è occupato anche del soggetto e della sceneggiatura, della fotografia è responsabile Agnès Godard, del montaggio lo è Maryline Monthieux, degli effetti speciali lo è Berengene Dominguez, la musica è a cura di Antonio Castrignanò e la sceneggiatura di Carlos Conti.
Il cast ha visto la partecipazione di Charlotte Gainsbourg, Vincenzo Amato, Aurora Quattrocchi, Francesco Casisa, Filippo Pucillo, Federica De Cota, Isabella Ragonese. Vincent Schiavelli, Massimo Laguardia e tanti altri.
Il film è ricco di inquadrature e di immagine eccellenti e gli attori recitano in forma eccellente, Crialese alla sua terza pellicola dimostra una maturità sorprendente.
Il film racconta il viaggio degli emigranti italiani verso l' America nei primi anni del 1900, l' obiettivo del film apparentemente non è di descrivere l' America e le condizioni degli stessi emigranti una volta arrivati in America, ma i sogni e le idee maturate dai personaggi durante il tragitto tra l' Italia e gli U.S.A, l' aspettattiva di un "nuovo mondo" e di una vita diversa, tutto ciò è perfettamente reso da un utilizzo magnifico delle immagini.

Trailer:
http://www.youtube.com/watch?v=8DD9xNvlnEk 

 Emanuele Crialese:
 http://info-italia-cinema.blogspot.com/2011/10/emanuele-crialese-una-promessa-alla.html
Fonti:
http://www.cinema4stelle.it/Recensione-Nuovomondo.htm
http://www.cinemadelsilenzio.it/index.php?mod=film&id=3605
http://it.wikipedia.org/wiki/Nuovomondo




lunedì 24 ottobre 2011

Le Conseguenze dell'Amore, un noir d'eccezione.

Le Conseguenze dell’Amore è un film di Paolo Sorrentino presentato al 57° Festival di Cannes 2004. Il protagonista Titta di Girolamo è un salernitano, che vive in un’anonima cittadina Svizzera, taciturno, soffre d’insonnia e nasconde un segreto che lo fa vivere da otto anni in un albergo dove si dedica a osservare chi gli sta intorno e a fumare sigarette, occupando le sue giornate con gesti di routine che non lo scompongono mai (come la dose di eroina settimanale alla quale non rinuncia mai). L’infatuazione per Sofia (cameriera dell’hotel che da tempo cercava di sedurlo) lo porterà a scomporsi fino ad opporsi ad una vita comandata dalla mafia. Il film oltre a catturare l’attenzione per la trama misteriosa che non si rivela fino a metà pellicola, parla d’amore, d’amicizia e delle “conseguenze” che tutto questo comporta. La sceneggiatura scritta da Sorrentino, prende spunto da un personaggio conosciuto realmente in un albergo di San Paolo Brasile, ma è stato il regista a dare forma alla personalità ambigua ed indifferente di Titta di Girolamo congelato nella sua solitudine e nei suoi desideri contrastanti che emergono dagli sguardi intensi e dai lunghi silenzi di ogni scena. La grandiosa interpretazione di Tony Servillo, consolida il sodalizio iniziato nel film L’Uomo in Più. Il film ha avuto diversi riconoscimenti, 5 David di Donatello, 3 Nastri d’Argento 2005 e 2 loma 2005 per il miglior film e miglior protagonista (Servillo).



Trailer:
www.youtube.com/watch?v=PdVsmqWIr6U&feature=fvst


Fonti: